Una famiglia…tanta curiosità…un sogno….Il Mondo !

USA

Hawaii E Relax – Parte 2: Maui

Diciamo subito che Maui non ci ha fatto una grande impressione, non ha la bellezza delle spiagge che ci sono piaciute a Oahu, e’ molto meno “giardino” di Kauai e non è “a la page” come Waikiki (anche se una gallerista d’arte ci ha detto che ad oggi le capitali artistiche del mondo sono New York, Londra, Parigi e Lahaina, qui a Maui…mah…). Qui e’ declinato alla massima potenza il concetto di turismo made in USA: resort e campi da golf ovunque, in certi punti e’ piu’ facile trovare un attraversamento per golf cart che un accesso alla spiaggia ! Per fortuna c’e’ una benedetta legge che obbliga i resort a lasciare un passaggio pubblico, basta trovarlo ed il gioco e’ fatto:

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Se le spiagge non ci hanno entusiasmato abbiamo invece apprezzato i tramonti sull’oceano, finalmente visibili dopo le nuvole quotidiane di Kauai:

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Altra carta vincente di Maui è il suo vulcano più grande, l’Haleakala, che occupa una metà dell’isola riuscendo nell’impresa di mantenerla un  po’ selvaggia. L’abbiamo esplorato in due modi: prima percorrendo la famosa strada per Hana (anche se gli americani, che mettono tanta enfasi su quanto sia difficile questa strada, dovrebbero farsi un po’ le ossa su alcune strade della Sardegna o banalmente sulla strada per Morsiano…) che ne cironda la base del versante est, quello umido, ricco di foreste e di infinite cascatelle, molto pittoresche ma alla lunga un po’ noiose:

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Il giorno dopo invece salendo fino alla sua vetta, poco sopra i 3.000 metri, che per fortuna buca il tappeto di nuvole che circonda sempre la cima del vulcano aprendo la vista su uno scenario “paradisiaco”, che di solito riusciamo a vedere solo a piccoli pezzi dal finestrino di un aereo mentre qui possiamo contemplare a 360 gradi con i piedi ben piantati per terra:

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Molto particolare anche il Silver Sword, pianta che vive solo qui e fiorisce una volta sola nella sua vita:

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E alla fine l’ultimo tramonto a Maui con cui salutiamo le Hawaii e gli USA, prossima tappa il Canada.

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San Francisco – Los Angeles, Ultima Tappa On The Road

E cosi’ anche l’ultima tappa e’ andata: quasi 3.000 miglia, 18 motel, 150/200 miglia al giorno…e’ stato bello, ma e’ stato anche duro. Azzeccata la scelta di un solo furgone per le due famiglie, darsi il cambio alla guida e chiaccherare (dormire, mangiare, guardare le foto…) ha alleggerito il peso dei chilometri. Gli ultimi 4 giorni di nuovo come CinqueNelMondo sono stati un po’ nervosi, forse c’erano degli equilibri e dei tempi da ritrovare, ci ha aiutato la baia di Monterey (la prima tappa, proprio nei giorni del GP di moto Superbike, decine di motociclisti in giro per la citta’, tante Ducati rosse), una bella riserva naturale piena di animali marini:

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E poi giu’ verso sud sulla Pacific Highway, in cerca di caldo e spiagge di cui si inizia a sentire la mancanza…le spiagge arrivano ma l’acqua e’ GELATA, anche se qualcuno a fare il bagno ci prova:

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I panorami sono belli, selvaggi, anche se il bel tempo non si fa vedere e mare e cielo sono cupi, grigi:

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E verso la fine una colonia di elefanti marini, la piu’ grande sulla costa: puzzano tanto, hanno una faccia veramente brutta ma siamo stati una mezz’ora a guardarli e a sentire i loro strani suoni gutturali:

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Poi inizia Los Angeles, Malibu’ con le sue ville da ricconi che nascondono il mare e Santa Barbara piu’ “normale”, riproviamo la spiaggia ma l’acqua e’ sempre la stessa:

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Ed infine Venice Beach, che invece e’ proprio particolare, culturismo e stravaganze a farla da padroni:

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L’ultima mezza giornata di on the road ci porta a Hollywood, con la sua scritta famosa che non riusciamo a trovare e le stelle sul marciapiede, ma ormai tutti siamo concentrati sull’ultima meta : Disneyland!!

Che arriva il giorno dopo, eccitante per la Piccola Viaggiatrice, gia’ carica all’apertura delle 8 del mattino, massacrante per Papa’ Sognatore, gia’ cotto alle 3 del pomeriggio, divertente per tutti gli altri fino alle 10 di sera, ora in cui alziamo bandiera bianca dopo il magico finale di fuochi d’artificio:

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E speriamo che le Hawaii siano altrettanto magiche (e che l’acqua sia mooolto piu’ calda).

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Yosemite E San Francisco Oltre Le Aspettative

Usciti dalla fornace della Death Valley abbiamo trovato rifugio nella fresca Lee Vining dove un bel cottage con 3 camere, cucina, soggiorno e terrazza all’aperto ci invitava a rimanere piu’ a lungo della solita tappa da un giorno (ormai e’ un tormentone: “Quanto restiamo qui?” “Una notte…”). Un po’ meno invitante invece il tipo della reception che ci comunica che la notte prima un orso si e’ introdotto nel coffee shop per svaligiare il freezer…che ci stia prendendo in giro? Per fortuna l’unico orso che vediamo e’ quello di bronzo sulla Main Street, anche se lo stato in cui troviamo un cassonetto la mattina dopo qualche sospetto ce lo lascia:

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Il Coffee Shop pero’ non mostra danni da orso e anche l’espresso che ci viene servito non e’ male:

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La mattina facciamo una veloce visita al vicino Mono Lake: a me mette un po’ tristezza, si vedono delle formazioni calcaree ma solo perche’ il lago si sta prosciugando, l’acqua se la stanno bevendo molto piu’ a sud quelli di Los Angeles:

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Per fortuna i primi panorami di Yosemite ci ritemprano lo spirito, il paesaggio e’ veramente “di montagna”, il passo per entrare nel parco scollina a 3.000 metri e i laghetti sembrano proprio alpini:

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Da Yosemite non sapevo bene cosa aspettarmi,  avevo sentito parlare di questa valle favolosa che stregava lo sguardo ma non riuscivo ad avere un’immagine di cosa avrei visto. Il primo impatto e’ con le sequoie giganti, sono in effetti molto grandi ma devo dire che dal vivo non mi hanno impressionato come mi aspettavo:

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Ben diverso invece l’impatto con la valle vera e propria: passati un paio di tunnel ci si trova in una valle verdissima circondata da pareti di granito a volte quasi verticali che mettono veramente in soggezione, il tutto impreziosito da un fresco torrente che scorre al centro, da cascate sulle pareti e da un laghetto in fondo alla valle…un paesaggio che se non fosse per la quantita’ di turisti che riempiono tende e ristoranti farebbe venire voglia di restarci una settimana, altro che “la solita notte”.

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A malincuore invece la mattina dopo dobbiamo lasciare il parco (anche se nessuno rimpiangera’ le tende affittate in cui abbiamo dormito…) e in serata raggiungiamo San Francisco che ci accoglie col suo tipico biglietto da visita: pioggerella, vento forte e nebbia all’orizzonte. Per fortuna l’appartamento e’ una bella sorpresa, solo due camere ma molto ampie per accoglierci tutti e 9 e una bella cucina per prepararci finalmente qualche sano piatto italiano (prima poi dovro’ scrivere un posto sulla “cucina” americana, e’ inevitabile…). La mattina dopo partiamo quindi belli carichi verso il centro di San Francisco: devo ammettere che anche di questa citta’ non avevo un’idea precisa, giusto il Golden Gate e Alcatraz…ho scoperto una media cittadina dall’atmosfera molto pacata, non sonnolenta ma neanche frenetica, se non fosse per i turisti che cercano di salire sulla Cable Car:

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Qui quasi tutti i mezzi pubblici sono elettrici, filobus o tram, ho scoperto che riciclano anche vecchi tram di altre citta’, vediamo se qualcuno indovina da dove viene uno di questi due:

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C’e’ poi tutta la zona dei moli, certo turistica al 100%, pero’ non in maniera soffocante e con qualche ospite che prende il sole sui moli galleggianti:

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Inevitabile la visita ad Alcatraz, un po’ deludente, forse la cosa migliore e’ la vista della citta’ che si ha dall’isola:

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L’ultima giornata prevede invece la biciclettata attraverso il Golden Gate, una bella pedalata che si conclude dall’altra parte della baia, a Sausalito con le sue case galleggianti:

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E con questa tappa il primo mese se n’e’ andato…la famiglia che era con noi e’ gia’ rientrata a casa, noi continuiamo verso sud, Los Angeles e nturalmente Disneyland!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Grand Canyon E Route 66 In Sordina, Death Valley Con Black Out !!

Sara’ perche’ e’ troppo grande per abbracciarlo con un solo colpo d’occhio, sara’ perche’ il parco al suo interno sembra un po’ troppo “urbanizzato” (ci sono spartitraffico con le siepi, sensi unici, una stazione ferroviaria…) ma il Grand Canyon non ha fatto una grande impressione a tutto il gruppo. A fare impressione sono i suoi numeri, in particolare la profondita’ di 1.6 chilometri, che pero’ non si percepisce immediatamente, si perde un po’ nella larghezza del canyon stesso:

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Fatto sta che la mattina dopo l’arrivo solo tre coraggiosi (Papa’ Sognatore, Mamma Paziente e il loro primogenito) si lanciano nell’impresa di percorrere una parte del Bright Angel Trail, uno dei sentieri piu’ famosi che scende nelle viscere del Canyon, e tornare prima dell’orario del check-out dall’albergo, le 11, andando alla ricerca di viste e paesaggi diversi da quelli che si vedono stando sul bordo in alto.

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L’impresa naturalmente fallisce, solo il giovane viaggiatore riesce a tornare in tempo (e per fortuna avvisa gli altri che liberano le camere) mentre papa’ e mamma arrivano fuori tempo massimo e con la lingua a penzoloni.

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Si parte quindi verso la R66, strada storica e tappa di passaggio verso la Death Valley. Anche in questo caso un po’ tutti facciamo fatica ad apprezzare quello che vediamo, a Kingman c’e’ qualche spunto curioso (qualche motel, vecchie auto, un museo) ma ci aspettavamo un’ambientazione piu’ caratteristica, anche se artificiosa…

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Ci lanciamo quindi verso la Death Valley che invece stupisce tutti con i suoi panorami “lunari”, i colori delle rocce e, naturalmente, le temperature (anche se dopo l’impatto tremendo con il caldo di Las Vegas eravamo abbastanza preparati…):

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Ma le emozioni maggiori ce le riserva la notte a Furnace Creek quando tra l’1 e le 2 di notte se ne va la corrente elettrica e con lei l’abituale ronzio del condizionatore…le reazioni sono le piu’ disparate: c’e’ qui manco se ne accorge e continua bel bello a dormire (Viaggiatore Curioso e Piccola Viaggatrice, beati loro), che si sveglia, da’ un’occhiata fuori e pensa “beh, non posso farci niente” e si rimette a dormire (Papa’ Sognatore e Viaggiatrice Curiosa) e chi invece oppresso dal caldo o da strane idee (“e se rimaniamo senz’acqua?  I rubinetti potrebbero non funzionare..e se ci disidratiamo tutti? “) non riesce piu’ a dormire ! Per fortuna verso le 3:30 l’elettricita’ ritorna, tutti i pericoli vengono scongiurati e la mattina dopo possiamo ripartire in direzione di Yosemite, l’ultimo parco di questo on the road.

 

 

 

 

 

 


Monument Valley, Antelope Canyon E La Nuvola Di Fantozzi

Come gia’ successo a Moab, una nuvola fantozziana sta cercando di mettere i bastoni tra le ruote al nostro USA on the road. Per quanto riguarda la Monument Valley in parte c’e’ riuscita! La giornata era iniziata bene, un bel cielo,  non troppe miglia da fare e due “antipasti” interessanti, il Goosenecks park (una bella vista su due anse di fiume dalla forma particolare) e Mexican Hat, una roccia in bilico che ricorda un sombrero:

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Arrivare alla Monument Valley da nord, soprattutto per i non piu’ giovanissimi che hanno visto qualche film western, non puo’ non risvegliare delle immagini sepolte in fondo alla memoria, e anche i piu’ giovani potrebbero avere un fotogramma di Forrest Gump nel loro archivio personale:

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Purtroppo pero’ le prime gocce di pioggia sbattono sul parabrezza ed entriamo nella valle per il giro in auto in un clima quasi autunnale…riusciamo comunque ad avere qualche scorcio soleggiato ma a molti di noi rimane l’impressione che la vista migliore sia quella da lontano, con questo skyline particolare a stagliarsi contro il cielo

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Per fortuna la serata è rilassante, cena fatta in casa e un tappeto di stelle da osservare con il buio.

Il giorno dopo ci attende Antelope Canyon, una meraviglia della natura scavata dalle piogge e dalla sabbia; il tour prenotato è alle 13, arriviamo un po’ troppo in anticipo causa piccolo errore di pianificazione oraria (i cambi di ora tra stato e stato, in questo caso Utah e Arizona, tendono ad essere facili da dimenticare…) e visto il cielo temporalesco il “simpatico” navajo che gestisce il tutto ci dice di leggere bene le condizioni di annullamento…cominciamo male!  E in effetti il tour viene poi annullato per il pericolo di inondazione improvvisa causa temporale…maledetta nuvola fantozziana! Ci consoliamo con un’occhiata alla diga del lago Powell e, per i soliti temerari che sfidano la pioggia del pomeriggio, ad una particolare ansa del Colorado river:

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Non avendo potuto ri-prenotare il tour per il giorno successivo (il navajo è stato inflessibile: “come back tomorrow! “) Papà Sognatore si ripresenta la mattina poco dopo le 8 e riesce a prenotare il tour delle 12: finalmente riusciamo ad entrare in questo canyon molto particolare dove colori, forme e soprattutto giochi di luce stupiscono ogni pochi passi, è forse la cosa più bella vista fino ad oggi:

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Finalmente soddisfatti, ci spariamo le nostre 200 miglia quotidiane in direzione della prossima tappa: Grand Canyon.

 

 

 

 

 


Canyonlands E Arches: lo Utah in crescendo

Il “tappone dolomitico” da Bryce a Moab alla fine e’ stato percorso quasi piacevolmente, la strada panoramica numero 12, come peraltro suggerito (con colpevole ritardo! :-)) da un assiduo commentatore del blog, e’ effettivamente panoramica, gli scenari ed i colori cambiano spesso e rendono le quasi 6 ore piu’ piacevoli.

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E per i piu’ curiosi ecco il veicolo su cui stiamo viaggiando (con relativo autista al 50%), non e’ molto americano (e’ un Ford Transit con motore 3.5 V6) ma e’ molto confortevole, i bagagli stanno tranquillamente dietro i sedili ed i 12 posti per 9 persone permettono qualche piccolo momento di relax:

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Facendo base a Moab, una simpatica cittadina molto turistica, la prima visita e’ stata Canyonlands: un parco molto selvaggio, pochi turisti ma viste spettacolari sui canyon sottostanti, la zona di visita si chiama Island In The Sky proprio perche’ e’ un’isola sospesa tra i canyon scavati da due fiumi:

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A Moab e’ anche stata inaugurata una piccola tradizione,  quella del temporale pomeridiano/serale: da un lato benvenuta, per le temperature finalmente fresche, dall’altro un po’ rompiscatole, la luce del pomeriggio non e’ mai quella giusta per apprezzare gli splendidi colori di queste rocce e la prima sera abbiamo anche rischiato di beccarci il temporale in pieno prima di arrivare al ristorante. Siamo comunque riusciti a passare mezza giornata ad Arches, altro splendido parco caratterizzato da rocce dalle forme particolari, come la Balanced Rock qui sotto, e dalla presenza di 2.000 archi naturali di roccia; noi naturalmente ne abbiamo visti solo 5 o 6, i piu’ famosi:

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Causa pioggia solo alcuni di noi, i piu’ temerari (o i meno pigri ? Non saprei…) si sono lanciati nell’ascesa serale all’arco che e’ il simbolo dello Utah, e sono stati premiati da un luogo che, insieme alle particolari rocce che lo circondano, ha una sua mestosita’ che mette soggezione:

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Ora salutiamo Moab e ci dirigiamo a sud, verso altre mete molto attese: Monument Valley, Antelope Canyon, e Grand Canyon.

 

 

 

 

 

 


Zion e Bryce: Due Parchi Da Scoprire

E’ stato un bel cambiamento lasciare l’iper consumistica Las Vegas ed entrare in un bel parco nazionale, lo Zion Park. Non e’ un parco con dei punti da lasciare a bocca aperta, perlomeno per noi che abbiamo lasciato perdere i sentieri piu’ impegnativi. Due belle passeggiate in mezzo alla natura, tra cascate, laghetti in cui rinfrescarsi e avvistamenti di piccoli animali hanno rasserenato tutti.

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Il trasferimento a Bryce Canyon e’ stato di per se’ molto bello, con una strada dai panorami molto vari, cui e’ difficile rendere merito con degli scatti fatti attraverso il parabrezza:

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Bryce Canyon invece stupisce fin dal primo minuto, un anfiteatro di guglie, pinnacoli e torri di roccia dalle forme e dai colori sempre diversi, anche questi difficile da riassumere in un singolo scatto:

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Ora ci attende una lunga tappa di trasferimento verso Moab, sempre nello Utah, che sara’ la nostra base di esplorazione per tre giorni.


Las Vegas E’…Las Vegas !

Parliamoci chiaro: io ero quello che a Las Vegas ci voleva stare una notte sola, un’occhiata alla strip (la via principale) e agli hotel piu’ famosi (Paris, Bellagio, Venetian…) e via.
Poi qualcuno dei viaggiatori ha espresso desideri diversi, qualcun altro che ci era gia’ stato ci ha detto che meritava almeno un giorno intero di visita (ci sono gli outlet, e poi i ragazzi si sfogano dopo tutti quei parchi…) e cosi’ le notti a Las Vegas sono diventate due, entrambe al Paris hotel, giusto per immedesimarci subito nel clima “Casino + Imitazioni della realta’”.

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Devo dire che se fosse stato solo per la prima serata il mio giudizio originale sarebbe rimasto invariato: Las Vegas ci ha accolto subito con una caldo pazzesco, piu’ di 46 gradi, va be’, abbiamo detto, rilassiamoci in camera ed in piscina e poi la sera faremo una bella passeggiata…Temperatura serale: 42 gradi, una fornace! E cosi anche attraversare la strada (a 6 corsie) per andare a vedere lo spettacolo delle fontane del Bellagio e’ diventato una tortura, una massa di gente incredibile ed un caldo pazzesco, l’aria condizionata unico alleato possibile.

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Il tutto unito alla profonda tristezza che mi fanno tutto quei giocatori seduti a farsi spennare alle slot o ai tavoli da gioco nonche’ i “procacciatori d’affari” che offrono ragazze con i loro sgualciti biglietti da visita.
Ma per fortuna la mattina dopo la temperatura era diminuita e, con un’attenta strategia di percorrenza dei marciapiedi alternata all’entrata in hotel o negozi con aria condizionata a palla, siamo riusciti a vedere gli hotel più “tipici” e a far salire i ragazzi sull roller coaster del New York, un po’ di adrenalina non guasta.

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Alla fine, nel bene e nel male, Las Vegas era una tappa da vedere una volta nella vita, ma devo dire che l’ultima mattina, quando sono andato a prelevare il furgone che ci portera’ a spasso per le prossime due settimana, avevo il cuore leggero al pensiero di abbandonare la capitale del deserto in direzione di Zion e Bryce, i due gioielli dello Utah.


Yellowstone E Gli Orsi Nascosti

Eravamo pronti: di notte non lasciare alimenti o profumi in macchina (puo’ piegare la portiera come se fosse cartoncino), in caso di avvistamento mantenersi a 95 metri di distanza, se si avvicina indietreggiare camminandno all’indietro, come i giapponesi davanti all’imperatore, in caso di carica non correre ma spruzzare una nube di spray repellente sulla sua linea di corsa e, se non si ferma, spruzzargli lo spray in faccia. Se ancora non si arrende: fight back, combatti. Putroppo (o per fortuna, dipende dai punti di vista) di orsi non ne abbiamo incontrati neanche uno, neanche da lontano…peccato.
Siamo arrivati a Yellowstone dopo 9 ore di auto da Denver, Colorado, attraversando un panorama non proprio esaltante:

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Dopo un pernottamento a Cody (purtroppo abbiamo mancato il Rodeo, sarei stato curioso di vederne uno dal vivo e soprattutto di vedere il pubblico che vi assiste) siamo entrati a Yellowstone ed abbiamo fatto il primo pic-nic con un po’ d’ansia da orso:

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Nei giorni successivi, visto che di grizzly non ce n’era neanche l’ombra, ci siamo un po’ rilassati e ci siamo goduti le bellezze del parco e gli avvistamenti di altri animali (anche se ce ne aspettavamo di piu’…):

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Il parco e’ molto grande e c’e’ un’unica strada per raggiungere i vari punti di interesse e a volte, soprattutto quando si forma una coda dovuta alle macchine che si fermano per fotografare e/o per far attraversare i bisonti, sembra un po’ di essere allo zoo safari di Pombia, non so se avete presente.
Poi pero’ la sensazione passa e si ritorna a godersi gli spazi enormi di questa natura sconfinata e le altre attrative, come le cascate ed i geysers:

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Oppure quello che per me e’ uno degli aspetti piu’ belli di Yellowstone, le colored pools, pozze di acqua calda che cambiano colore a seconda della temperatura e dei minerali presenti…non ti stancheresti mai di guardarle e fotografarle, sembrano i colori di una tavolozza in attesa che il pittore inizi ad usarli:

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Non c’era pero’ unanimita’ sulla bellezza di queste pools e quindi, per non rischiare un ammutinamento, la visita ad alcune di esse e’ stata sacrificata sull’altare dello svago: un bel bagno nel torrente, dove l’acqua era molto meno fredda di quanto ci si possa aspettare da un fiume a 2.200 metri di altitudine !
A proposito di freddo: chi e’ quel pazzo che prima della partenza continuava a dire “Yellowstone e’ tutta sopra di 2.000 metri, fara’ freddo, portatevi un pile ed anche una giacca a vento…” ? Temperatura media di questi 3 giorni: 30 gradi, rischio di scottatura sulle parti esposte…quanto bagaglio inutile !


Niagara Falls: “Mister Alberto E’ Gia’ In Camera”

Come anticipato dal simpatico pilota del volo per Buffalo le nostre valigie erano la’ ad aspettarci, arrivate con l’aereo prima (relax totale alla loro vista ammucchiate in un angolo del ritiro bagagli…)

Per le cascate del Niagara,  quando si parlava del viaggio verso Natale, avevamo deciso di dormire in un hotel con vista sulle cascate, limitandoci alla camera del piano 10 che aveva un costo abbordabile. Piu’ avanti i nostri amici in viaggio con noi avevano scoperto che l’hotel e’ di proprieta’ degli zii dell’ex fidanzato della sorella di un loro amico d’infanzia e questa sorella aveva chiesto i nominativi della prenotazione, in modo da farli avere ai proprietari. Non sapevamo pero’ se aspettarci un’accoglienza particolare…

Arrivati all’hotel, per la prima volta in vita mia provo l’esperienza di lasciare le chiavi dell’auto al parcheggiatore (avevamo deciso di fare cosi’ viste le difficolta di parcheggio a Niagara Falls, lato canadese), esperienza che mi rende un po’ nervoso (e se questo se ne va con la macchina ? Se per sbaglio da’ le mie chiavi a qualcun altro ? Va be, tanto l’auto e’ a noleggio…)

Alla reception presentiamo i nostri documenti e, dopo qualche smanettamento sulla tastiera, la tipa ci dice che e’ tutto ok ma, stranamente, mi chiede “Mr. Alberto e’ gia’ in camera, giusto ?”…con un po’ di indecisione (col mio inglese non sempre afferro quello che mi dicono al primo colpo, a volte neanche al terzo…) rispondo “Sono io Mr. Alberto”…e la tipa “Ah, ok”. Dopo pochi istanti si materializza la signora Teresa che ci accoglie con un italiano passabile in nome del proprietario e ci dice che ci ha preparato una sorpresa per domani “ma ne parliamo dopo, ora raggiungete Mr Alberto che e’ gia’ in camera”….”veramente Alberto sono io…”….”ah, mi avevano detto che era gia’ in camera”…

Per fortuna ci vengono consegnate le chiavi e possiamo quindi interrompere il siparietto e rifugarci nelle nostre camere. Le piccole perplessita’ che erano affiorate svaniscono davanti alla vista dalla finestra della camera che, prima sopresa, dal piano 10 e’ diventata una camera al piano 37:P1000432

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Per cinque minuti ci godiamo la vista e la bellezza della camera, i ragazzi sono eccitatissimi (mai stati in un posto cosi’ lussuoso) fino a che qualcuno dice: “Di chi e’ quella borsa ?”…”E il cappello ?”. In effetti in camera e nel bagno ci sono degli oggetti personali di qualcun altro, sembra di un coppia, per cui, dopo breve consulto familiare, decidiamo di abbandonare a malincuore la camera e tornare alla reception per chiarire il malinteso.

Torniamo quindi dalla signora Teresa che dopo alcuni minuti di indagine e un caffe’ offerto ci consegna delle chiavi di una nuova camera, scusandosi perche’ ce ne deve dare una ad un piano diverso, il 39 (sempre piu’ in alto !!). Sollevati di avere di nuovo una nostra camera andiamo a recuperare i bagagli al piano 37 dove al telefono del pianerottolo c’e’ una coppia di cinesi che cerca di spiegare alla reception che la loro chiave non apre piu’ la porta della loro camera…mi sa che c’entriamo qualcosa noi !

Tutto i malintesi a questo punto sembrano chiariti, ce ne andiamo a cena pregustando il tour del giorno seguente, unica piccola annotazione la mattina dopo i ragazzi vanno a fare colazione prima di noi e per sbaglio danno come numero di camera quello dei cinesi ! Quando scendiamo noi tentiamo di chiarire l’equivoco, la signora mette un asterisco di fianco al numero della camere, ma temo che gli abbiamo rovinato anche la colazione !

Siparietto a parte, a noi la visita a Niagara Falls e’ piaciuta: qualcuno ce le aveva sconsigliate bollandole come “un’americanata”, in effetti la zona dei locali e ristoranti e’ molto kitsch, ma le cascate sono uno spettacolo e anche i dintorni meriterebbero una visita di piu’ di un giorno (ci sono belle piste ciclabili, passeggiate da fare lungo il Niagara River, un campo da golf pubblico per gli amanti di questo sport).

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P.S. Ora siamo a Yellowstone, mentre scrivo qui fuori dalla nostra “cabina” in legno sono un po’ disturbato dal rumore di un bisonte che sbuffa e raspa il terreno nel boschetto qui vicino…speriamo che non decida di caricare !


New York: Grande, Caotica, Multiforme

Grande: te ne accorgi ad ogni spostamento, sia la mattina quando vai verso Manhattan da Brooklyn insieme agli altri pendolari assonnati e arrivi sempre in ritardo sulla tabella di marcia che ti eri prefissato, che la sera, con i piedi stanchi per il tanto camminare e la fermata giusta per il ritorno a casa che sembra non arrivare mai…beata la Piccola Viaggiatrice che, fusa dal fuso, come più o meno tutti gli altri, si addormenta già alle 5 di pomeriggio e viene portata in braccio dalla fermata della metro a casa (grazie fratellone), naturalmente per poi svegliarsi baldanzosa alle 4:30 del mattino.

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Caotica: sempre, a partire dalla subway, che perde il confronto con le più efficienti metropoli europee: treni che non arrivano, specialmente la Domenica,poche scale mobili, entrate che ti fanno prendere il treno in una sola direzione (“sir, you’re on the wrong side! “). Per continuare con strade e marciapiedi, sempre super affollati e con gente che attraversa col rosso sotto gli occhi dei poliziotti (è ben lontana la disciplina inglese…)… e poi cantieri, camion enormi e taxi a farla da padroni tra strombazzamenti e sirene polifoniche. Il tutto culmina a Time Square, ombelico della città e somma di tutti i caos possibili..eppure affascinante, con tutte le luci del consumismo a farci sembrare tutto allegro per una notte.

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Multiforme: dei contrasti te ne accorgi passando da Bed Stuy, il quartiere dove stava il nostro appartamento tipo torre in affitto, il più popoloso quartiere di afro americani della città, sporco, “sgarrupato”, ma con tanta vitalità (abbiamo comprato le uova all’orto di quartiere, che promuove una dieta più sana per i residenti) a Manhattan con le sue torri scintillanti di cristallo e cemento armato che attirando lo sguardo verso l’alto nascondono alla vista i poveracci che dormono per terra nei vicoli e i tanti che elemosinano qualche dollaro.

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È stata una settimana con alti e bassi, sia a causa del meteo (pioggia, nuvole, sole accecante, afa soffocante, temporali, tutto in 6 giorni) che per quello che avremmo voluto fare e non siamo riusciti a fare (MOMA, giro in bici a central park, gita a Coney Island rimarranno sogni nel cassetto ancora per un po’ ).

Tra i momenti più belli una splendida mattina alla statua della liberta (il giorno del compleanno di Viaggiatrice Curiosa, auguri piccola) e i parchi cittadini: non Central Park, troppo grande e famoso per essere apprezzato in poco tempo, ma le piccole oasi di tranquillità come il parco dietro la National Library con libri, giornali e tavoli da ping pong disponibili per tutti, o Washington Square con la jazz band, il signore dei piccioni e gli “acrobati” di colore con il loro show improvvisato.

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Ora bye bye New York, mentre scrivo siamo in volo per Buffalo con tre ore di ritardo e il comandante ha appena annunciato che partiamo senza bagagli ma che lui è sicuro al 99% che sono su un altro aereo partito per Buffalo 10 minuti prima di noi. Benedette percentuali!


Arrivati: Piccoli Brividi Al Controllo Passaporti

Dopo una preparazione bagagli un po’ macchinosa, visto che Papa’ Sognatore si e’ incaponito a fare solo 4 valigie grandi, sia per motivi di spazio futuro nei bagagliai delle auto a noleggio che per un piccolo risparmio sulla dozzina di check-in che doremo fare, il viaggio di andata e’ andata via bello liscio…Trenord non ha fatto scherzi e Alitalia ci ha fatti atterrare con 30 minuti di anticipo (peccato aver dovuto aspettare 20 minuti che si liberasse lo slot di parcheggio per l’aereo…)

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In volo, qualche film e qualche battaglia a Trivial ci hanno aiutati a far passare il tempo. E poi siamo arrivati al controllo passaporti, che e’ sempre un momento strano, ti senti in una terra di nessuno, fuori dal posto che e’ casa tua ma non ancora ammesso al paese in cui hai tanto sognato di arrivare…ma comunque noi siamo famigliole in vacanza, i documenti sono in regola e non abbiamo insetti o salumi nel nostro bagaglio, e quindi non abbiamo niente da temere…….o no?

Fatto sta che mentre noi passiamo senza problemi, visto che l’agente non fa domande, si prende le sue 40 impronte digitali e 4 foto (niente impronte e foto per la Piccola Viaggiatrice) e ci saluta con un sorriso, il poliziotto che si occupa dell’altra famiglia inizia a fare domande (tipo quanti siete, dove andate, quanto tempo state…”1 mese”….”ma tutto di vacanza?”) E dopo qualche minuto emette il verdetto: gli altri possono andare, ” the mom in the room”.

Che poi “the room” e’ la stanza degli interrogatori, tipo quella di Airport Security, per chi conosce il programma tv….iniziano quindi minuti di attesa che mano a mano si riempiono di pensieri strani e anche un po’ spiacevoli (tipo “ora ci rimandano tutti a casa perche’ abbiamo affitatto in nero l’appartamento di New York”), ma per fortuna alla fine Mamma Sognatrice viene risputata fuori dalla room, senza peraltro avere capito neanche tanto bene cosa volessero da lei quei simpatici poliziotti USA…

Il viaggio quindi riparte senza problemi, il van noleggiato per il transfer e’ fantastico e l’appartamento si rivela un bella sorpresa. E cosa di meglio del primo piatto di pasta “made in USA” per risollevare morale ed energia della truppa?

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