Una famiglia…tanta curiosità…un sogno….Il Mondo !

Papà Sognatore

Vino Devinato, Ciambelle Alla Cannella, Passeggiate e Musei

E anche la seconda settimana è terminata, la casa a l’auto dei nostri ospiti sono state riordinate e pulite ed è tempo di concludere questa esperienza (e di tornare al calduccio di casa nostra, che qui siamo già sui 18 gradi con pioggia).

Esauriti nella prima settimana tutti i luoghi “da non mancare” secondo le guide turistiche, siamo passati a quelli meno quotati, con qualche delusione e qualche piacevole sorpresa.

Quello che sicuramente non manca a Stoccolma e dintorni è la possibilità di fare belle passeggiate sul bordo dell’acqua ammirando piacevoli veute, che siano boschi, laghi o splendidi palazzi:

L’altra cosa che non manca sono i musei, ma si sa che noi CinqueNelMondo non siamo proprio degli appassionati del genere…in ogni caso, 2 o 3 non ce li siamo fatti mancare (anche perchè a volte è la pioggia a “spingerti” dentro un museo): quello di arte moderna (un po’ deludente), quello dedicato ad Astrid Lindgren, l’autrice di Pippi Calzelunghe (un po’ deludente fino a quando la Piccola Folletta ha scoperta la sala delle costruzioni con mattoni di plastica leggera: in quel momento è schizzato al massimo del punteggio, ci hanno praticamente cacciati all’ora della chiusura) e quello dedicato al veliero Vasa, ripescato intero dopo 331 anni (bello, il veliero impressionante per le sue dimensioni e decorazioni e ben fatte le mostre a corredo).

A completare il tutto qualche gita fuori porta: la prima a Grinda, un’isola “incontaminata”…mah…bello, ma direi che un’ora e mezzo di battello verso nord non ha cambiato di molto il panorama, anche se qualcuno ha tentato di entrare in acqua giusto per vedere l’effetto che fa.

E poi Sigtuna, la città piu’ antica della Svezia, che ovviamente ha anche la strada piu’ antica, la moneta piu’ antica, ecc. ecc., un po’ deludente, mentre il vicino castello di Skokloster è stata una visita molto simpatica: molte sale arredate con arredi d’epoca originali e anche, curiosamente, alcune opere di Arcimboldo, e alcune vere principesse da me prontamente immortalate.

E chiudiamo con la dieta svedese by CinqueNelMondo: premesso che Papà Sognatore ha messo su un paio di chili (due settima di colazione con frutta, pane burro e marmellata, succo d’arancia e altre piccole prelibatezze non passano inosservate), bisogna dire che anche la Piccola Folletta ha trovato pietanze molto gradite (polpette con purè e ciambelle alla cannella soprattutto), che hanno permesso di pranzare serenamente in qualche ristorante, mentre a cena abbiamo osato solo una volta (il conto è molto più salato, e gia a pranzo non è che si scherzi con ‘ste corone svedesi…).

Fallimentare invece il tentativo di Papà Sognatore e Mamma Paziente di lanciarsi sul vino non alcolico: visto che qui gli alcolici al supermercato non li vendono e che l’apposito negozio statale è ad una quindicina di chilometri abbiamo pensato di provare il vino senz’alcool, pensando “ce ne sono scaffali pieni, se lo comprano sarà pure buono”…Non Fatelo Mai !! La mezza bottiglia rimasta è appena andata giù nello scarico del lavandino.

Per fortuna altre cose ci hanno tirato su il morale, come come il pane nero con i semini per la colazione ed il toast svedese con maionese e gamberetti (ma non 3 gamberetti striminziti come da noi, ce ne saranno un paio d’etti sopra…vero che costa 15 euro :-O).

Degli svedesi ci è rimasta l’impressione di gente tranquilla, molto attenta all’ecologia (si ricicla molto, e ho visto più Tesla e BMW elettriche in questi giorni di quante ne avessi mai viste prima), molto sportiva (tutti che camminano e corrono intorno a laghi e parchi), Stoccolma sembra una città bella e ben organizzata, probabilmente sarebbe anche bello vivere qui, peccato che l’estate duri troppo poco !

 


Stoccolma, Bella da Vivere in Relax

Eccoci qua, al nostro quinto scambio casa, che suscita sempre curiosità e domande tra i “non adepti” (questa volta un collega mi ha chiesto: “ma non hai paura che usino i tuoi vestiti ?”…..)

C’è da dire che tecnicamente non siamo CinqueNelMondo, la Viaggiatrice Curiosa non è infatti con noi, ma è in un’altra parte del mondo diversa da casa, e quindi facciamo che vale lo stesso.

La Svezia si presenta bene, l’aeroporto ha i pavimenti in parquet (vero, non laminato come quello di Orio al Serio…d’altronde qui il legno non manca) e al ritiro bagagli non si ripete la solita scena all’italiana di quelli che sgomitano e si piazzano davanti al nastro, che la loro valigia sarà sicuramente la prima per diritto divino: c’è una bella striscia gialla ad un metro dal nastro trasportatore, e tutti dietro ad attendere il proprio bagaglio con pazienza. Unica eccezione: uno spazio di avvicinamento per i disabili, rigorosamente rispettato. Ah, la civiltà nordica !

Recuperata la macchina e raggiunta la bella casa in cui saremo ospiti iniziamo la nostra prima settimana di esplorazione di Stoccolma e dintorni. La prima cosa che mi viene da dire è che la città non è da colpo di fulmine, non ha quel monumento che ti fa dire “ah, però”. Piuttosto ti entra dentro lentamente, al ritmo degli svedesi, che sembrano prendersela con molta calma, sia alla guida che nella quotidianità, con le loro lunghe e numerose pause caffè (e cappuccino, e cinnamon roll, e birra, e vino, e….).

Mi è piaciuto il Millesgarden, una “casa museo” in cui sono raccolte le opere di una coppia di artisti dalla sensibilità particolare, costruita ed arricchita nel corso di decenni:

Ed anche il centro storico, Gamla Stan, anche se zeppo di negozi di roba turistica, mantiene una sua personalità affascinante, mentre il tanto pubblicizzato cambio della guardia non mi è sembrato granchè come show, si è salvato giusto perchè c’era la banda a cavallo (e per qualcuno mi è anche venuto da pensare “povero cavallo”, vista la stazza non proprio filiforme);

Così come ci è piaciuto il Municipio, “normale” edificio di mattoni rossi, ma sarà il fatto che ne vadano così orgogliosi, o le sue dimensioni “XL” o il fatto che si specchia nell’acqua, che merita di essere visto e visitato:

Certo, l’acqua, qui è dappertutto: la città è costruita su isole, piu’ grandi di quelle di Venezia (e quindi lasciano spazio al traffico, che non è poco, tanto che è attivo un “congestion charge”, una tassa che si paga per entrare in città nelle ore di punta), ma comunque non così grandi da far pedere di vista il mare (o il lago, visto che ci sono tutte e due, uno di fronte ed uno alle spalle della città). Ed è proprio dall’acqua che la città dà il suo meglio, con le viste dai battelli che ti portano da un’isola all’altra (trasporto pubblico, come i vaporetti, il biglietto é lo stesso della metro e dei tram/autobus)…che bello uscire la mattina, prendere la bici ed andare all’imbarco del ferry per andare in città (e qui affiorano i ricordi di Bangkok e del Chao Phraya ! Sigh…).

Poi ci sono le visite a palazzi, come il palazzo reale, quello fuori città, dove abitano veramente i reali di Svezia, begli interni e bel parco rilassante:

Segue l’immancabile (per una capitale nordica, chissà da dove nasce questa mania) museo all’aperto delle abitazioni provenienti da tutto il paese: Skansen, un’attrazione enorme che occupa tutta una collina, un sacco di abitazioni in legno (what else ?) con l’aggiunta di acquario e zoo…massacrante ! (ma, in parte, interessante)

E alla fine della prima settimana arrivano le gite fuori porta: Uppsala, città ricca di storia, ma a dire il vero di non molto altro, e Trosa, ridente località marina (balneare direi di no, viste temperatura e limpidezza dell’acqua) a sud di Stoccolma:

Ci sarebbe altro da dire, partendo dalle piste ciclabili presenti ovunque, passando ai caprioli che ti attraversano davanti mentre tu pedali bello tranquillo, per finire alle bambine di 6-9 anni che girano sul tram senza genitori alle 22:30 di Domenica sera… ma il sole sorge alle 4:30 (e spesso disturba il sonno di Papà Sognatore, che è un delitto di lesa maestà) e domani c’è un battello da prendere, per cui per ora saluti da Stoccolma !

 


Turchia: Quanto Si Spende Per…

– Un pranzo o cena per 5 persone, ordinando una portata a testa, bevande (acqua, birra o vino, te freddo), qualche antipasto o dessert: 15 – 55 euro (in un simil “fast food” abbiamo in realtà speso 12 euro, ma il tizio era simpatico e con la mancia siamo arrivati a 15)
– Una birra da 33 cl: 1,5 euro, ma non tutti i ristoranti la servono, solo quelli che hanno la licenza apposita
– Una maglietta: 3 euro, jeans di marca 15 euro, diciamo che all’outlet ho dovuto cercare di ripartire il piu’ in fretta possibile per evitare di trovarci con chili e chili di vestiti in piu’ da infilare in valigia
– Una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo: prezzo mooooolto variabile, da 50 centesimi al negozietto “turco turco” a 2 euro agli shop dei musei
– Una camera con aria condizionata, colazione turca compresa: da 16 euro (a Fethiye) a 35 euro (Olympos, in una affascinante Country House)
– Taxi per distanze brevi: non abbiamo usato taxi
– Una visita ad un museo / sito archeologico: poco, molto poco, da 80 centesimi a 9 euro (Efeso), io credevo di aver fatto un affare con i 50 euro a testa della carta che ci dava accesso a tutti i siti e musei della Turchia per quindici giorni, in realtà se avessimo comprato i singoli biglietti avremmo speso solo 7/8 euro in piu’ (ma così abbiamo anche saltato qualche fila)
– Taxi boat che ti porta alla spiaggia dell’isola delle farfalle e ti viene a riprendere a chiamata: 45 euro, prezzo di favore contrattato per me dal mio amivo Ali che ci ha accalappiati appena scesi dalla macchina
– Massaggio a tutto il corpo più scrub: purtroppo la visita ad un Hammam non era in programma, e poi dicono che i massaggi turchi sono “robusti” e poco rilassanti…
– Assoldare 3 vecchiette per farsi accompagnare a delle introvabili rovine: gratis, ma poi ti tocca spendere 15 euro in oggettini che non avresti mai comprato, uno per vecchietta:


Altre Rovine, Efeso E Notizie Varie

Lasciata Bodrum, il suo castello chiuso, il traffico “Napoli style” (rispetto dei semafori e delle precedenze improvvisamente diventati un optional) e il tarocco eletto a sistema (nel senso che qui a venderti borse di Gucci, Rolex e altri beni “di marca” non sono i poveracci extracomunitari col loro lenzuolo per scappare veloce, ma i negozi della via pedonale con tanto di interni eleganti e aria condizionata), ci siamo diretti a Eraclea al Latmo, dipinta da una delle nostre due guide (la Routard, già caduta in disgrazia per il consiglio di visitare Knidos) come un idilliaco villaggio in riva al lago Bafa, con tanto di rovine dell’antica città tra le case e fenicotteri di passaggio nel lago. Bene: di fenicotteri neanche l’ombra, le rovine le abbiamo trovate solo con l’aiuto di tre “graziose” contadine da cui ci siamo fatti accalappiare (le tre tizie che ci guidavano in strade sempre piu’ strette gridando “Otopark, otopark” sono state uno dei momenti piu’ esilaranti della vacanza) e che naturalmente hanno poi riscosso la loro prebenda vendendoci oggettini tipici a prezzo esorbitante.

Belle rovine le abbiamo trovate invece a Didime (il tempio di Apollo regala veramente un’impressione di potenza, di grandezza, con le sue enormi colonne decorate) e a Mileto (grande teatro greco con le gallerie ancora percorribili).

La giornata ci ha portato infine a Selcuk, per noi città delle cicogne, presenti un po’ ovunque. Qui, anche se l’Ephesus Palace hotel si è rivelato un po’ meno “palace” del previsto, abbiamo apprezzato il poter disfare le valigie per un paio di giorni.

Selcuk è stata la base per le visite dei giorni successivi: Priene (unica parte memorabile direi il teatro con i 5 troni), il parco nazionale Dilek (qui ci aspettavamo delle calette con un bel mare in cui tuffarsi, invece spiagge normali, mare piatto come una tavola e vagamente “oleoso”) e soprattutto Efeso, lasciata come dulcis in fundo.

E dulcis in fundo è stato: Efeso è l’unica tra le rovine visitate che dà l’impressione di essere ancora una città, ci sono i due viali principali ben conservati, la splendida biblioteca ed è facile farsi comparire davanti agli occhi come poteva essere nel suo massimo splendore, con fontane monumentali sparse ovunque e statue a decorare ogni edificio. Da ultimo ci hanno impressionato i resti delle case patrizie, alcune delle quali hanno ancora i rivestimenti di marmo alle pareti e i mosaici integri sui pavimenti.

Il road trip si è poi chiuso con il ritorno a Izmir e una cena ad un caffè francese, tanto per anticipare di un giorno il ritorno alla cucina occidentale (quella turca è buona, ma forse non molto varia).

Notizie sparse:

– A Izmir alcuni semafori sono “a portale”, cioè oltre alle classiche luci rotonde c’è tutta una struttura con luci a led che diventano dello stesso colore del semaforo: bello e efficace.

– In alcuni ristoranti, all’uscita ti vogliono versare sulle mani un liquido profumato, forse anche disinfettante: usanza che alcuni Cinquenelmondo gradiscono, io la trovo troppo profumata e disgustosamente chimica

– Abbiamo assaggiato il gelato turco, abbastanza buono, ma ha una consistenza un po’ gommosa, elastica, pare che sia dovuto al fatto che contiene della carruba…sarà vero ?

I miei highlights del viaggio ? Pamukkale, Efeso, Afrodisia e valle delle farfalle sono le tappe che consiglierei a chi volesse spendere qualche giorno in questa zona della Turchia.

 


Mare, Colazione Turca E Altre Notizie

Quando questa vacanza è stata organizzata si pensava ad una vacanza primaverile, un po’ calda, un po’ fredda, magari con una bella giornata da godersi con un pic nic in riva al mare, ma per il resto clima temperato, tanto che alla ricorrente domanda “cosa metto in valigia ?” Papà Sognatore rispondeva “vestiti a cipolla, a strati, e metti un costume che non si sa mai, c’è l’acqua termale…”.

Il sud della Turchia invece ci ha sorpresi: belle giornate e temperature sopra i 25 gradi, tanto che tra una rovina e l’altra siamo già stati tre volte in spiaggia e il road trip ha preso il ritmo di una bella vacanza estiva.

In questi giorni ci sono state le rovine di Arykanda (isolate in una valle pittoresca, a me sono piaciute):

una buona cenetta a Kas (bella cittadina di mare, consigliata da amici), la spiaggia di Patara (quella di Cleopatra, rovine deludenti ma primo bagno di sole):

una ancora migliore cena tipica turca a Fethiye con successiva giornata in barca alla spiaggia della valle delle farfalle (e relativa cascata) ed alla laguna blu.

Poi invece siamo andati un po’ in calando, Datca pur essendo piacevole non è stata all’altezza delle attese mentre le rovine di Knidos sono state una perdita di tempo (chiuse per lavori, e viste da fuori sono sembrate misere misere)

In più non abbiamo potuto prendere il traghetto per Bodrum (ehm, qui Papà  Sognatore ha un attimo sbagliato la pianificazione per beccare il traghetto in bassa stagione), e quindi ci siamo sparati 300 km in più, per poi scoprire la mattina dopo che il castello di Bodrum era chiuso per lavori !

Ma veniamo alla colazione turca: per alcuni (uno in particolare) momento più atteso della giornata, per altri incubo culinario da cui riuscire ad estrarre qualcosa di commestibile. Di sicuro tutti i posti dove abbiamo dormito (hotel, guest house e pensioni) sono molto coerenti: olive, pomodori, cetrioli, formaggi, miele, uovo sodo, wurstel turco, pane, marmellate e chai (the) in abbondanza non sono mai mancati. Per fortuna ogni tanto ci sono delle variazioni sul tema: gozleme (le piadine locali), biscotti, tortine, uovo fritto e, per fortuna, cereali al cioccolato, latte caldo e Nutella hanno fatto la loro comparsa ogni tanto, salvando alcuni di noi da una dieta forzata, mentre altri (sempre quello di prima) fanno regolarmente il secondo o anche il terzo giro. Missing in action: lo yogurt, che qui viene utilizzato come accompagnamento della cena (ed è buonissimo), ma a colazione non fa la sua comparsa.

Notizie sparse:

– per qualche notte abbiamo dormito senza lenzuolo: c’è quello sotto, naturalmente, ma sopra o c’è il piumino (al nord, che era più freschetto) oppure si sta direttamente con una copertina leggera, purtroppo non molto piacevole per noi raffinati occidentali

– in giro ci sono moltissimi cani randagi (una sera abbiamo rischiato di investirne uno), ci hanno raccontato che le autorità locali li catturano e sterilizzano (hanno tutti il chip all’orecchio), non sembrano pericolosi. Ogni tanto però fanno delle retate e ne uccidono a migliaia: tristezza 😦

– le strade del sud non sono certo noiose: tutte a doppia corsia, ci trovi curve secche a U, pendenze oltre il 10%, mezzi agricoli (anche contromano), ogni tanto un cartonato di una pattuglia della Trafik Polisi con tanto di lampeggiatore acceso alimentato da pannello solare e ogni 50-60 km un bel posto di blocco della Jandarma (Polizia), con restringimento ad una corsia ed esame con sguardo minaccioso del gendarme di turno.

– in aggiunta a tutti questi posti di blocco, telecamere su tutte le strade (direi un portale ogni 10 km sulle statali), ed abbiamo anche avuto l’impressione che l’omino del benzinaio prima di fare rifornimento legga la targa e la inserisca con un tastierino per mandarla a chissà chi…insomma si percepisce che l’apparente ordine dellà società Turca, che sembra in effetti ispirata ad una tranquilla convivenza tra islamici moderati e più ortodossi (vedi ad esempio le ragazze e donne velate tranquillamente a fianco di quelle con tacchi e gonna), nasconda invece una tensione tenuta sotto controllo da uno stato molto orwelliano.

Al momento siamo a Selcuk per 3 notti consecutive, e finalmente non si rifanno le valigie tutte le mattine !


1000 Chilometri: Cose Strane, Posti Meravigliosi e Riflessioni

Quattro giorni sono passati, 1000 chilometri sono già alle nostre spalle e dalla Turchia arrivano buone notizie.

La prima è che la macchina è abbastanza comoda (una Fiat Linea, invendibile in Italia per la sua bruttezza ma onesto mezzo da viaggio), la seconda è che la compagnia è ancora piacevole: nessun litigio, niente cuffiette nelle orecchie per ore e ore, niente “tra quanto arriviamo” a ripetizione, ma anzi una piacevole partecipazione attiva alle chiacchere da viaggio. Certo, ogni tanto dal sedile posteriore si sente parlare di statistica avanzata o diritto di internet, ma è il prezzo da pagare se si portano in viaggio on the road degli studenti universitari ad anno accademico in corso.

Veniamo alle cose strane: abbiamo percorso molti km su strade con limite a 82 km/h, non uno di più e non uno di meno, e mi ha fatto molto ridere pensare a quale approfondito studio ministeriale possa aver partorito un limite tanto preciso (gli altri limiti sono 50, 70, 90, 120, roba normale, insomma).

Stranezza più seria, il primo giorno mentre giravamo per le vie di Bergama in cerca di uno snack veloce vediamo un furgoncino che vende frittelle: ottimo, piacciono a tutti, mi metto in fila, ma quasi subito noto che nessuno paga, non girano soldi, il tizio riempie il sacchetto e l’avventore se ne va, senza neanche ringraziare più di tanto. Inizio a pensare che sia una specie di mensa ambulante per i poveri (di frittelle ? e che ne so io, sono Turchi…), per cui mi sento fuori posto ed esco dalla fila. Giriamo altrove per un quarto d’ora, altri snack non se ne trovano, sembra tutto chiuso, e alla fine, convinto dalla vista di famigliole turche che mangiano frittelle a quattro palmenti e dalle proteste della mia famigliola, mi rimetto in fila, mi faccio dare un sacchetto di frittelle e provo ad allungare una banconota al tizio, che però non ne vuole sapere e mi manda via, con la pancia un po’ più piena e qualche senso di colpa in più (avrò rubato del cibo ai poveri ?).  Potrebbe essere una cosa legata al pilastro dell’islam che professa la carità, ma nessuno spiccicava una parola di inglese, per cui mistero irrisolto.

E la Turchia che abbiamo visto ? Finora solo posti dal bello al meraviglioso:

Pergamo, con le sue rovine piazzate in cima ad una collina che domina la valle, il tempio di Traiano e la stupenda vista che si ha dal teatro greco.

Afrodisia, antica città piazzata in un luogo idilliaco, con alcuni monumenti conservati in maniera sorprendente ed un impressionante stadio.

Pamukkale, un luogo unico, da solo merita la fatica del viaggio (dico davvero, se non ci siete mai stati fateci un pensiero). Ha aiutato molto la giornata splendida, cielo terso e 25 gradi, le montagne innevate a fare da sfondo, ed anche il fatto che abbiamo percorso il sentiero che sale di fianco alle vasche la mattina verso le 9, con una percentuale di turisti orientali ancora fisiologica (quando sono in massa sono veramente caciaroni, peggio di noi italiani). Purtroppo abbiamo avuto l’impressione che la siccità abbia colpito anche qui, parte delle vasche sono asciutte, l’impressione è che convoglino l’acqua residua sulla parte più “turistica”, mentre il resto è abbandonato in maniera un pò desolante.

Non è comunque mancato chi, dopo le fatiche della visita a Hierapolis, la città romana che sovrasta le meravigliose vasche, ha voluto farsi un bel bagno termale, e lì (visto che si paga) di acqua ce n’è in abbondanza.

Discorso a parte merita invece Chimera, la montagna dei “fuochi fatui” (fiamme che escono dalla roccia).

[Spoiler: seguono riflessioni tipo “anziano che si lamenta dei tempi moderni”, per cui se non siete in vena saltate pure]

Ci eravamo già stati 8 anni fa, ci siamo tornati perchè allora la piccola folletta aveva solo 3 anni e si era addormentata come un salame, per cui ci faceva piacere farle vedere questa meraviglia per la prima volta. Il posto però è cambiato, siamo saliti di notte come allora, ma oggi la fiamme naturali (sempre affascinanti) sono circondate da gruppi di giovani e meno giovani che le usano per farci i marshmallow o gli spiedini, e via con selfie e foto a non finire, poco importa se così facendo impediscono a chi arriva dopo di vedere la stessa meraviglia che loro si stanno godendo (la nostra folletta si è poi avvicinata quasi chiedendo scusa per il disturbo, e solo allora si sono spostati per lasciare un po’ di spazio anche a lei).

Ed ecco le due riflessioni “da vecchio” che mi sono venute: la prima è che non bisognerebbe tornare in un posto che ci è molto piaciuto, è difficile che si provino le stesse sensazioni (l’emozione della prima volta, vedere qualcosa che i nostri occhi non hanno mai visto) ed è invece probabile che il luogo sia cambiato (o che sia cambiata la gente che lo anima) allontanandosi dal nostro ricordo e creando una discrepanza che lascia sempre qualche crepa nei ricordi e un po’ di amaro in bocca. Non dico che bisogna smettere di andare in giro, chi va oggi per la prima volta alle Chimere rimarrà comunque affascinato dalle fiamme e magari questa cosa dei marshmallow gli sembrerà una figata pazzesca, ma quello sarà il ricordo della “sua” prima volta, il mio ricordo preferivo conservarmelo in versione originale.

La seconda: è mai possibile che in qualche anno si sia completamente perso il rispetto per gli altri ? Magari quella degli spiedini sarà anche una moda passeggera, ma qualche anno fa la gente osservava le fiamme, faceva le sue foto ed i suoi video e poi si spostava per dare modo a chi seguiva di fare lo stesso, come è naturale che sia, mentre oggi a questi sembrava normale accamparsi intorno alle fiamme, un po’ come se uno si piazzasse con un bel paravento davanti alla Gioconda e chi se ne frega se gli altri non la vedono. Non so, forse un po’ tutti siamo super social a parole (quando si tratta di espandere il nostro ego via Whatsapp, Facebook, Instagram, Twitter o postando in un blog ;-)) e un po’ meno social (nel senso di attenzione verso gli altri) nella vita reale, quella che prevede anche il rispetto come una delle prime regole di socializzazione.

[Fine Spoiler – da qui si ricomincia a parlare di Turchia]

Ora, dopo una gita ad Olympos, che invece sembra ancora il rifugio dei “nuovi hyppie”, siamo a Kas, solare cittadina sul Meditteraneo: vediamo se nei prossimi giorni ci riesce di mettere assieme un’abbronzatura decente !

“Gule Gule” dalla Turchia del sud

 


 


Turchia “On The Road”

Ed eccoci qua, i CinqueNelMondo sono tornati !

I piu’ pensavano che ormai le avventure da famiglia in viaggio fossero finite: i figli maggiorenni fanno vacanze per conto loro (come è giusto che sia), trovare date condivise è peggio che trovare una sala riunioni libera al lavoro, e quindi ormai ci si era un po’ rassegnati alla “famigliola classica”, 2 genitori ed una piccola principessa, anche lei ormai quasi adoloescente.

Ed invece….

Ed invece Papà Sognatore, che aveva già fatto il budget e prenotato voli aerei, noleggio auto e qualche albergo per la “famigliola classica”, buttando li’ a cena una domanda piu’ di prassi che di sostanza (noi a Pasqua andiamo in Turchia, voi cosa fate ?) si è trovato davanti alla risposta inaspettata: “Veniamo anche noi !”.

E dopo un attimo di incertezza (“Ma come ? E l’università ? Le lezioni, gli esami…”), gli è toccato prenotare nuovi voli aerei, una macchina piu’ grande, nuove stanze d’albergo.

Si parte quindi alla scoperta della Turchia storica (Efeso, Pergamo, Aphrodisia) e di qualche meraviglia naturale (Pamukkale e il “castello di cotone”, Cirali con i suoi “fuochi fatui”), con la speranza di ritrovare il piacere di stare tutti assieme anche ora che in famiglia ci sono piu’ adulti che bambini !

Per i piu’ curiosi, l’itinerario in auto di circa 1.600 Km:

Itinerario Turchia Storica


Canada: Vancouver Island E Vancouver

Avevo deciso di dividere i 10 giorni di soggiorno in Canada in due parti, 5 giorni a Vancouver Island, più selvaggia e “da esplorare”, e 5 giorni a Vancouver, più cittadina e “rilassante”. È successo che a Vancouver Island siamo stati presi da una sorta di pigrizia, per cui di esplorazione ce n’è stata ben poca…i primi giorni abbiamo visitato Victoria, la città principale, un bel centro cittadino ricco di colori e di spettacoli (anche perchè siamo arrivati di Domenica):

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Essendo una città di mare piuttosto isolata non mancano le particolarità, come l’aeroporto per soli idrovolanti, i taxi acquatici e le “solite” case gallegianti:

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Poi siamo andati fino a Nanaimo, la seconda città dell’isola, un po’ deludente ma ravvivata da una simpatica coppia di foche (madre e piccolo) e dai pescatori di granchi che cercano di mettere insieme la cena (tutti rigorosamente dotati di misuratore di granchio, più piccoli di una certa misura non si possono pescare e vanno ributtati in mare):

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Finalmente e’ poi arrivato l’evento clou, l’incontro con le balene ! A dire la verità pensavamo che avremmo molto probabilmente visto le orche, tipiche di questa zona, invece ci ha sorpreso vedere una megattera, tutta presa dal suo pasto…è stato emozionante vederla e sentirla salire a fare i suoi 5 respiri e poi scendere verso il fondo con un potente colpo di coda in ceca di cibo…peccato sia durato poco.

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Ci siamo poi “traghettati” a Vancouver, simpatica città da cui però mi aspettavo di meglio, più verde, più piste ciclabili e meno accattoni e senza casa…sembrava quasi di essere negli USA !

Certo, Stanley Park è un bel polmone verde e non ci siamo fatti mancare un bella biciclettata con pic nic:

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Però il resto della città ha un pò deluso, anche se ha alcuni punti caratteristici come l’orologio a vapore e tutta la zona sul lungomare, bella soprattutto con il buio:

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Ultimo pomeriggio a Capilano Bridge, il ponte sospeso più lungo e alto del mondo, ma si sa…gli americani sono secondi solo ai francesi in quanto a grandeur:

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Prossima tappa: Seattle ! (e poi a casa !)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Hawaii E Relax – Parte 2: Maui

Diciamo subito che Maui non ci ha fatto una grande impressione, non ha la bellezza delle spiagge che ci sono piaciute a Oahu, e’ molto meno “giardino” di Kauai e non è “a la page” come Waikiki (anche se una gallerista d’arte ci ha detto che ad oggi le capitali artistiche del mondo sono New York, Londra, Parigi e Lahaina, qui a Maui…mah…). Qui e’ declinato alla massima potenza il concetto di turismo made in USA: resort e campi da golf ovunque, in certi punti e’ piu’ facile trovare un attraversamento per golf cart che un accesso alla spiaggia ! Per fortuna c’e’ una benedetta legge che obbliga i resort a lasciare un passaggio pubblico, basta trovarlo ed il gioco e’ fatto:

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Se le spiagge non ci hanno entusiasmato abbiamo invece apprezzato i tramonti sull’oceano, finalmente visibili dopo le nuvole quotidiane di Kauai:

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Altra carta vincente di Maui è il suo vulcano più grande, l’Haleakala, che occupa una metà dell’isola riuscendo nell’impresa di mantenerla un  po’ selvaggia. L’abbiamo esplorato in due modi: prima percorrendo la famosa strada per Hana (anche se gli americani, che mettono tanta enfasi su quanto sia difficile questa strada, dovrebbero farsi un po’ le ossa su alcune strade della Sardegna o banalmente sulla strada per Morsiano…) che ne cironda la base del versante est, quello umido, ricco di foreste e di infinite cascatelle, molto pittoresche ma alla lunga un po’ noiose:

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Il giorno dopo invece salendo fino alla sua vetta, poco sopra i 3.000 metri, che per fortuna buca il tappeto di nuvole che circonda sempre la cima del vulcano aprendo la vista su uno scenario “paradisiaco”, che di solito riusciamo a vedere solo a piccoli pezzi dal finestrino di un aereo mentre qui possiamo contemplare a 360 gradi con i piedi ben piantati per terra:

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Molto particolare anche il Silver Sword, pianta che vive solo qui e fiorisce una volta sola nella sua vita:

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E alla fine l’ultimo tramonto a Maui con cui salutiamo le Hawaii e gli USA, prossima tappa il Canada.

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San Francisco – Los Angeles, Ultima Tappa On The Road

E cosi’ anche l’ultima tappa e’ andata: quasi 3.000 miglia, 18 motel, 150/200 miglia al giorno…e’ stato bello, ma e’ stato anche duro. Azzeccata la scelta di un solo furgone per le due famiglie, darsi il cambio alla guida e chiaccherare (dormire, mangiare, guardare le foto…) ha alleggerito il peso dei chilometri. Gli ultimi 4 giorni di nuovo come CinqueNelMondo sono stati un po’ nervosi, forse c’erano degli equilibri e dei tempi da ritrovare, ci ha aiutato la baia di Monterey (la prima tappa, proprio nei giorni del GP di moto Superbike, decine di motociclisti in giro per la citta’, tante Ducati rosse), una bella riserva naturale piena di animali marini:

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E poi giu’ verso sud sulla Pacific Highway, in cerca di caldo e spiagge di cui si inizia a sentire la mancanza…le spiagge arrivano ma l’acqua e’ GELATA, anche se qualcuno a fare il bagno ci prova:

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I panorami sono belli, selvaggi, anche se il bel tempo non si fa vedere e mare e cielo sono cupi, grigi:

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E verso la fine una colonia di elefanti marini, la piu’ grande sulla costa: puzzano tanto, hanno una faccia veramente brutta ma siamo stati una mezz’ora a guardarli e a sentire i loro strani suoni gutturali:

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Poi inizia Los Angeles, Malibu’ con le sue ville da ricconi che nascondono il mare e Santa Barbara piu’ “normale”, riproviamo la spiaggia ma l’acqua e’ sempre la stessa:

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Ed infine Venice Beach, che invece e’ proprio particolare, culturismo e stravaganze a farla da padroni:

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L’ultima mezza giornata di on the road ci porta a Hollywood, con la sua scritta famosa che non riusciamo a trovare e le stelle sul marciapiede, ma ormai tutti siamo concentrati sull’ultima meta : Disneyland!!

Che arriva il giorno dopo, eccitante per la Piccola Viaggiatrice, gia’ carica all’apertura delle 8 del mattino, massacrante per Papa’ Sognatore, gia’ cotto alle 3 del pomeriggio, divertente per tutti gli altri fino alle 10 di sera, ora in cui alziamo bandiera bianca dopo il magico finale di fuochi d’artificio:

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E speriamo che le Hawaii siano altrettanto magiche (e che l’acqua sia mooolto piu’ calda).

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Yosemite E San Francisco Oltre Le Aspettative

Usciti dalla fornace della Death Valley abbiamo trovato rifugio nella fresca Lee Vining dove un bel cottage con 3 camere, cucina, soggiorno e terrazza all’aperto ci invitava a rimanere piu’ a lungo della solita tappa da un giorno (ormai e’ un tormentone: “Quanto restiamo qui?” “Una notte…”). Un po’ meno invitante invece il tipo della reception che ci comunica che la notte prima un orso si e’ introdotto nel coffee shop per svaligiare il freezer…che ci stia prendendo in giro? Per fortuna l’unico orso che vediamo e’ quello di bronzo sulla Main Street, anche se lo stato in cui troviamo un cassonetto la mattina dopo qualche sospetto ce lo lascia:

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Il Coffee Shop pero’ non mostra danni da orso e anche l’espresso che ci viene servito non e’ male:

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La mattina facciamo una veloce visita al vicino Mono Lake: a me mette un po’ tristezza, si vedono delle formazioni calcaree ma solo perche’ il lago si sta prosciugando, l’acqua se la stanno bevendo molto piu’ a sud quelli di Los Angeles:

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Per fortuna i primi panorami di Yosemite ci ritemprano lo spirito, il paesaggio e’ veramente “di montagna”, il passo per entrare nel parco scollina a 3.000 metri e i laghetti sembrano proprio alpini:

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Da Yosemite non sapevo bene cosa aspettarmi,  avevo sentito parlare di questa valle favolosa che stregava lo sguardo ma non riuscivo ad avere un’immagine di cosa avrei visto. Il primo impatto e’ con le sequoie giganti, sono in effetti molto grandi ma devo dire che dal vivo non mi hanno impressionato come mi aspettavo:

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Ben diverso invece l’impatto con la valle vera e propria: passati un paio di tunnel ci si trova in una valle verdissima circondata da pareti di granito a volte quasi verticali che mettono veramente in soggezione, il tutto impreziosito da un fresco torrente che scorre al centro, da cascate sulle pareti e da un laghetto in fondo alla valle…un paesaggio che se non fosse per la quantita’ di turisti che riempiono tende e ristoranti farebbe venire voglia di restarci una settimana, altro che “la solita notte”.

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A malincuore invece la mattina dopo dobbiamo lasciare il parco (anche se nessuno rimpiangera’ le tende affittate in cui abbiamo dormito…) e in serata raggiungiamo San Francisco che ci accoglie col suo tipico biglietto da visita: pioggerella, vento forte e nebbia all’orizzonte. Per fortuna l’appartamento e’ una bella sorpresa, solo due camere ma molto ampie per accoglierci tutti e 9 e una bella cucina per prepararci finalmente qualche sano piatto italiano (prima poi dovro’ scrivere un posto sulla “cucina” americana, e’ inevitabile…). La mattina dopo partiamo quindi belli carichi verso il centro di San Francisco: devo ammettere che anche di questa citta’ non avevo un’idea precisa, giusto il Golden Gate e Alcatraz…ho scoperto una media cittadina dall’atmosfera molto pacata, non sonnolenta ma neanche frenetica, se non fosse per i turisti che cercano di salire sulla Cable Car:

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Qui quasi tutti i mezzi pubblici sono elettrici, filobus o tram, ho scoperto che riciclano anche vecchi tram di altre citta’, vediamo se qualcuno indovina da dove viene uno di questi due:

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C’e’ poi tutta la zona dei moli, certo turistica al 100%, pero’ non in maniera soffocante e con qualche ospite che prende il sole sui moli galleggianti:

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Inevitabile la visita ad Alcatraz, un po’ deludente, forse la cosa migliore e’ la vista della citta’ che si ha dall’isola:

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L’ultima giornata prevede invece la biciclettata attraverso il Golden Gate, una bella pedalata che si conclude dall’altra parte della baia, a Sausalito con le sue case galleggianti:

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E con questa tappa il primo mese se n’e’ andato…la famiglia che era con noi e’ gia’ rientrata a casa, noi continuiamo verso sud, Los Angeles e nturalmente Disneyland!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Grand Canyon E Route 66 In Sordina, Death Valley Con Black Out !!

Sara’ perche’ e’ troppo grande per abbracciarlo con un solo colpo d’occhio, sara’ perche’ il parco al suo interno sembra un po’ troppo “urbanizzato” (ci sono spartitraffico con le siepi, sensi unici, una stazione ferroviaria…) ma il Grand Canyon non ha fatto una grande impressione a tutto il gruppo. A fare impressione sono i suoi numeri, in particolare la profondita’ di 1.6 chilometri, che pero’ non si percepisce immediatamente, si perde un po’ nella larghezza del canyon stesso:

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Fatto sta che la mattina dopo l’arrivo solo tre coraggiosi (Papa’ Sognatore, Mamma Paziente e il loro primogenito) si lanciano nell’impresa di percorrere una parte del Bright Angel Trail, uno dei sentieri piu’ famosi che scende nelle viscere del Canyon, e tornare prima dell’orario del check-out dall’albergo, le 11, andando alla ricerca di viste e paesaggi diversi da quelli che si vedono stando sul bordo in alto.

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L’impresa naturalmente fallisce, solo il giovane viaggiatore riesce a tornare in tempo (e per fortuna avvisa gli altri che liberano le camere) mentre papa’ e mamma arrivano fuori tempo massimo e con la lingua a penzoloni.

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Si parte quindi verso la R66, strada storica e tappa di passaggio verso la Death Valley. Anche in questo caso un po’ tutti facciamo fatica ad apprezzare quello che vediamo, a Kingman c’e’ qualche spunto curioso (qualche motel, vecchie auto, un museo) ma ci aspettavamo un’ambientazione piu’ caratteristica, anche se artificiosa…

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Ci lanciamo quindi verso la Death Valley che invece stupisce tutti con i suoi panorami “lunari”, i colori delle rocce e, naturalmente, le temperature (anche se dopo l’impatto tremendo con il caldo di Las Vegas eravamo abbastanza preparati…):

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Ma le emozioni maggiori ce le riserva la notte a Furnace Creek quando tra l’1 e le 2 di notte se ne va la corrente elettrica e con lei l’abituale ronzio del condizionatore…le reazioni sono le piu’ disparate: c’e’ qui manco se ne accorge e continua bel bello a dormire (Viaggiatore Curioso e Piccola Viaggatrice, beati loro), che si sveglia, da’ un’occhiata fuori e pensa “beh, non posso farci niente” e si rimette a dormire (Papa’ Sognatore e Viaggiatrice Curiosa) e chi invece oppresso dal caldo o da strane idee (“e se rimaniamo senz’acqua?  I rubinetti potrebbero non funzionare..e se ci disidratiamo tutti? “) non riesce piu’ a dormire ! Per fortuna verso le 3:30 l’elettricita’ ritorna, tutti i pericoli vengono scongiurati e la mattina dopo possiamo ripartire in direzione di Yosemite, l’ultimo parco di questo on the road.

 

 

 

 

 

 


Monument Valley, Antelope Canyon E La Nuvola Di Fantozzi

Come gia’ successo a Moab, una nuvola fantozziana sta cercando di mettere i bastoni tra le ruote al nostro USA on the road. Per quanto riguarda la Monument Valley in parte c’e’ riuscita! La giornata era iniziata bene, un bel cielo,  non troppe miglia da fare e due “antipasti” interessanti, il Goosenecks park (una bella vista su due anse di fiume dalla forma particolare) e Mexican Hat, una roccia in bilico che ricorda un sombrero:

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Arrivare alla Monument Valley da nord, soprattutto per i non piu’ giovanissimi che hanno visto qualche film western, non puo’ non risvegliare delle immagini sepolte in fondo alla memoria, e anche i piu’ giovani potrebbero avere un fotogramma di Forrest Gump nel loro archivio personale:

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Purtroppo pero’ le prime gocce di pioggia sbattono sul parabrezza ed entriamo nella valle per il giro in auto in un clima quasi autunnale…riusciamo comunque ad avere qualche scorcio soleggiato ma a molti di noi rimane l’impressione che la vista migliore sia quella da lontano, con questo skyline particolare a stagliarsi contro il cielo

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Per fortuna la serata è rilassante, cena fatta in casa e un tappeto di stelle da osservare con il buio.

Il giorno dopo ci attende Antelope Canyon, una meraviglia della natura scavata dalle piogge e dalla sabbia; il tour prenotato è alle 13, arriviamo un po’ troppo in anticipo causa piccolo errore di pianificazione oraria (i cambi di ora tra stato e stato, in questo caso Utah e Arizona, tendono ad essere facili da dimenticare…) e visto il cielo temporalesco il “simpatico” navajo che gestisce il tutto ci dice di leggere bene le condizioni di annullamento…cominciamo male!  E in effetti il tour viene poi annullato per il pericolo di inondazione improvvisa causa temporale…maledetta nuvola fantozziana! Ci consoliamo con un’occhiata alla diga del lago Powell e, per i soliti temerari che sfidano la pioggia del pomeriggio, ad una particolare ansa del Colorado river:

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Non avendo potuto ri-prenotare il tour per il giorno successivo (il navajo è stato inflessibile: “come back tomorrow! “) Papà Sognatore si ripresenta la mattina poco dopo le 8 e riesce a prenotare il tour delle 12: finalmente riusciamo ad entrare in questo canyon molto particolare dove colori, forme e soprattutto giochi di luce stupiscono ogni pochi passi, è forse la cosa più bella vista fino ad oggi:

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Finalmente soddisfatti, ci spariamo le nostre 200 miglia quotidiane in direzione della prossima tappa: Grand Canyon.

 

 

 

 

 


Canyonlands E Arches: lo Utah in crescendo

Il “tappone dolomitico” da Bryce a Moab alla fine e’ stato percorso quasi piacevolmente, la strada panoramica numero 12, come peraltro suggerito (con colpevole ritardo! :-)) da un assiduo commentatore del blog, e’ effettivamente panoramica, gli scenari ed i colori cambiano spesso e rendono le quasi 6 ore piu’ piacevoli.

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E per i piu’ curiosi ecco il veicolo su cui stiamo viaggiando (con relativo autista al 50%), non e’ molto americano (e’ un Ford Transit con motore 3.5 V6) ma e’ molto confortevole, i bagagli stanno tranquillamente dietro i sedili ed i 12 posti per 9 persone permettono qualche piccolo momento di relax:

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Facendo base a Moab, una simpatica cittadina molto turistica, la prima visita e’ stata Canyonlands: un parco molto selvaggio, pochi turisti ma viste spettacolari sui canyon sottostanti, la zona di visita si chiama Island In The Sky proprio perche’ e’ un’isola sospesa tra i canyon scavati da due fiumi:

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A Moab e’ anche stata inaugurata una piccola tradizione,  quella del temporale pomeridiano/serale: da un lato benvenuta, per le temperature finalmente fresche, dall’altro un po’ rompiscatole, la luce del pomeriggio non e’ mai quella giusta per apprezzare gli splendidi colori di queste rocce e la prima sera abbiamo anche rischiato di beccarci il temporale in pieno prima di arrivare al ristorante. Siamo comunque riusciti a passare mezza giornata ad Arches, altro splendido parco caratterizzato da rocce dalle forme particolari, come la Balanced Rock qui sotto, e dalla presenza di 2.000 archi naturali di roccia; noi naturalmente ne abbiamo visti solo 5 o 6, i piu’ famosi:

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Causa pioggia solo alcuni di noi, i piu’ temerari (o i meno pigri ? Non saprei…) si sono lanciati nell’ascesa serale all’arco che e’ il simbolo dello Utah, e sono stati premiati da un luogo che, insieme alle particolari rocce che lo circondano, ha una sua mestosita’ che mette soggezione:

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Ora salutiamo Moab e ci dirigiamo a sud, verso altre mete molto attese: Monument Valley, Antelope Canyon, e Grand Canyon.

 

 

 

 

 

 


Zion e Bryce: Due Parchi Da Scoprire

E’ stato un bel cambiamento lasciare l’iper consumistica Las Vegas ed entrare in un bel parco nazionale, lo Zion Park. Non e’ un parco con dei punti da lasciare a bocca aperta, perlomeno per noi che abbiamo lasciato perdere i sentieri piu’ impegnativi. Due belle passeggiate in mezzo alla natura, tra cascate, laghetti in cui rinfrescarsi e avvistamenti di piccoli animali hanno rasserenato tutti.

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Il trasferimento a Bryce Canyon e’ stato di per se’ molto bello, con una strada dai panorami molto vari, cui e’ difficile rendere merito con degli scatti fatti attraverso il parabrezza:

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Bryce Canyon invece stupisce fin dal primo minuto, un anfiteatro di guglie, pinnacoli e torri di roccia dalle forme e dai colori sempre diversi, anche questi difficile da riassumere in un singolo scatto:

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Ora ci attende una lunga tappa di trasferimento verso Moab, sempre nello Utah, che sara’ la nostra base di esplorazione per tre giorni.


Las Vegas E’…Las Vegas !

Parliamoci chiaro: io ero quello che a Las Vegas ci voleva stare una notte sola, un’occhiata alla strip (la via principale) e agli hotel piu’ famosi (Paris, Bellagio, Venetian…) e via.
Poi qualcuno dei viaggiatori ha espresso desideri diversi, qualcun altro che ci era gia’ stato ci ha detto che meritava almeno un giorno intero di visita (ci sono gli outlet, e poi i ragazzi si sfogano dopo tutti quei parchi…) e cosi’ le notti a Las Vegas sono diventate due, entrambe al Paris hotel, giusto per immedesimarci subito nel clima “Casino + Imitazioni della realta’”.

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Devo dire che se fosse stato solo per la prima serata il mio giudizio originale sarebbe rimasto invariato: Las Vegas ci ha accolto subito con una caldo pazzesco, piu’ di 46 gradi, va be’, abbiamo detto, rilassiamoci in camera ed in piscina e poi la sera faremo una bella passeggiata…Temperatura serale: 42 gradi, una fornace! E cosi anche attraversare la strada (a 6 corsie) per andare a vedere lo spettacolo delle fontane del Bellagio e’ diventato una tortura, una massa di gente incredibile ed un caldo pazzesco, l’aria condizionata unico alleato possibile.

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Il tutto unito alla profonda tristezza che mi fanno tutto quei giocatori seduti a farsi spennare alle slot o ai tavoli da gioco nonche’ i “procacciatori d’affari” che offrono ragazze con i loro sgualciti biglietti da visita.
Ma per fortuna la mattina dopo la temperatura era diminuita e, con un’attenta strategia di percorrenza dei marciapiedi alternata all’entrata in hotel o negozi con aria condizionata a palla, siamo riusciti a vedere gli hotel più “tipici” e a far salire i ragazzi sull roller coaster del New York, un po’ di adrenalina non guasta.

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Alla fine, nel bene e nel male, Las Vegas era una tappa da vedere una volta nella vita, ma devo dire che l’ultima mattina, quando sono andato a prelevare il furgone che ci portera’ a spasso per le prossime due settimana, avevo il cuore leggero al pensiero di abbandonare la capitale del deserto in direzione di Zion e Bryce, i due gioielli dello Utah.


Yellowstone E Gli Orsi Nascosti

Eravamo pronti: di notte non lasciare alimenti o profumi in macchina (puo’ piegare la portiera come se fosse cartoncino), in caso di avvistamento mantenersi a 95 metri di distanza, se si avvicina indietreggiare camminandno all’indietro, come i giapponesi davanti all’imperatore, in caso di carica non correre ma spruzzare una nube di spray repellente sulla sua linea di corsa e, se non si ferma, spruzzargli lo spray in faccia. Se ancora non si arrende: fight back, combatti. Putroppo (o per fortuna, dipende dai punti di vista) di orsi non ne abbiamo incontrati neanche uno, neanche da lontano…peccato.
Siamo arrivati a Yellowstone dopo 9 ore di auto da Denver, Colorado, attraversando un panorama non proprio esaltante:

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Dopo un pernottamento a Cody (purtroppo abbiamo mancato il Rodeo, sarei stato curioso di vederne uno dal vivo e soprattutto di vedere il pubblico che vi assiste) siamo entrati a Yellowstone ed abbiamo fatto il primo pic-nic con un po’ d’ansia da orso:

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Nei giorni successivi, visto che di grizzly non ce n’era neanche l’ombra, ci siamo un po’ rilassati e ci siamo goduti le bellezze del parco e gli avvistamenti di altri animali (anche se ce ne aspettavamo di piu’…):

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Il parco e’ molto grande e c’e’ un’unica strada per raggiungere i vari punti di interesse e a volte, soprattutto quando si forma una coda dovuta alle macchine che si fermano per fotografare e/o per far attraversare i bisonti, sembra un po’ di essere allo zoo safari di Pombia, non so se avete presente.
Poi pero’ la sensazione passa e si ritorna a godersi gli spazi enormi di questa natura sconfinata e le altre attrative, come le cascate ed i geysers:

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Oppure quello che per me e’ uno degli aspetti piu’ belli di Yellowstone, le colored pools, pozze di acqua calda che cambiano colore a seconda della temperatura e dei minerali presenti…non ti stancheresti mai di guardarle e fotografarle, sembrano i colori di una tavolozza in attesa che il pittore inizi ad usarli:

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Non c’era pero’ unanimita’ sulla bellezza di queste pools e quindi, per non rischiare un ammutinamento, la visita ad alcune di esse e’ stata sacrificata sull’altare dello svago: un bel bagno nel torrente, dove l’acqua era molto meno fredda di quanto ci si possa aspettare da un fiume a 2.200 metri di altitudine !
A proposito di freddo: chi e’ quel pazzo che prima della partenza continuava a dire “Yellowstone e’ tutta sopra di 2.000 metri, fara’ freddo, portatevi un pile ed anche una giacca a vento…” ? Temperatura media di questi 3 giorni: 30 gradi, rischio di scottatura sulle parti esposte…quanto bagaglio inutile !


Niagara Falls: “Mister Alberto E’ Gia’ In Camera”

Come anticipato dal simpatico pilota del volo per Buffalo le nostre valigie erano la’ ad aspettarci, arrivate con l’aereo prima (relax totale alla loro vista ammucchiate in un angolo del ritiro bagagli…)

Per le cascate del Niagara,  quando si parlava del viaggio verso Natale, avevamo deciso di dormire in un hotel con vista sulle cascate, limitandoci alla camera del piano 10 che aveva un costo abbordabile. Piu’ avanti i nostri amici in viaggio con noi avevano scoperto che l’hotel e’ di proprieta’ degli zii dell’ex fidanzato della sorella di un loro amico d’infanzia e questa sorella aveva chiesto i nominativi della prenotazione, in modo da farli avere ai proprietari. Non sapevamo pero’ se aspettarci un’accoglienza particolare…

Arrivati all’hotel, per la prima volta in vita mia provo l’esperienza di lasciare le chiavi dell’auto al parcheggiatore (avevamo deciso di fare cosi’ viste le difficolta di parcheggio a Niagara Falls, lato canadese), esperienza che mi rende un po’ nervoso (e se questo se ne va con la macchina ? Se per sbaglio da’ le mie chiavi a qualcun altro ? Va be, tanto l’auto e’ a noleggio…)

Alla reception presentiamo i nostri documenti e, dopo qualche smanettamento sulla tastiera, la tipa ci dice che e’ tutto ok ma, stranamente, mi chiede “Mr. Alberto e’ gia’ in camera, giusto ?”…con un po’ di indecisione (col mio inglese non sempre afferro quello che mi dicono al primo colpo, a volte neanche al terzo…) rispondo “Sono io Mr. Alberto”…e la tipa “Ah, ok”. Dopo pochi istanti si materializza la signora Teresa che ci accoglie con un italiano passabile in nome del proprietario e ci dice che ci ha preparato una sorpresa per domani “ma ne parliamo dopo, ora raggiungete Mr Alberto che e’ gia’ in camera”….”veramente Alberto sono io…”….”ah, mi avevano detto che era gia’ in camera”…

Per fortuna ci vengono consegnate le chiavi e possiamo quindi interrompere il siparietto e rifugarci nelle nostre camere. Le piccole perplessita’ che erano affiorate svaniscono davanti alla vista dalla finestra della camera che, prima sopresa, dal piano 10 e’ diventata una camera al piano 37:P1000432

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Per cinque minuti ci godiamo la vista e la bellezza della camera, i ragazzi sono eccitatissimi (mai stati in un posto cosi’ lussuoso) fino a che qualcuno dice: “Di chi e’ quella borsa ?”…”E il cappello ?”. In effetti in camera e nel bagno ci sono degli oggetti personali di qualcun altro, sembra di un coppia, per cui, dopo breve consulto familiare, decidiamo di abbandonare a malincuore la camera e tornare alla reception per chiarire il malinteso.

Torniamo quindi dalla signora Teresa che dopo alcuni minuti di indagine e un caffe’ offerto ci consegna delle chiavi di una nuova camera, scusandosi perche’ ce ne deve dare una ad un piano diverso, il 39 (sempre piu’ in alto !!). Sollevati di avere di nuovo una nostra camera andiamo a recuperare i bagagli al piano 37 dove al telefono del pianerottolo c’e’ una coppia di cinesi che cerca di spiegare alla reception che la loro chiave non apre piu’ la porta della loro camera…mi sa che c’entriamo qualcosa noi !

Tutto i malintesi a questo punto sembrano chiariti, ce ne andiamo a cena pregustando il tour del giorno seguente, unica piccola annotazione la mattina dopo i ragazzi vanno a fare colazione prima di noi e per sbaglio danno come numero di camera quello dei cinesi ! Quando scendiamo noi tentiamo di chiarire l’equivoco, la signora mette un asterisco di fianco al numero della camere, ma temo che gli abbiamo rovinato anche la colazione !

Siparietto a parte, a noi la visita a Niagara Falls e’ piaciuta: qualcuno ce le aveva sconsigliate bollandole come “un’americanata”, in effetti la zona dei locali e ristoranti e’ molto kitsch, ma le cascate sono uno spettacolo e anche i dintorni meriterebbero una visita di piu’ di un giorno (ci sono belle piste ciclabili, passeggiate da fare lungo il Niagara River, un campo da golf pubblico per gli amanti di questo sport).

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P.S. Ora siamo a Yellowstone, mentre scrivo qui fuori dalla nostra “cabina” in legno sono un po’ disturbato dal rumore di un bisonte che sbuffa e raspa il terreno nel boschetto qui vicino…speriamo che non decida di caricare !


New York: Grande, Caotica, Multiforme

Grande: te ne accorgi ad ogni spostamento, sia la mattina quando vai verso Manhattan da Brooklyn insieme agli altri pendolari assonnati e arrivi sempre in ritardo sulla tabella di marcia che ti eri prefissato, che la sera, con i piedi stanchi per il tanto camminare e la fermata giusta per il ritorno a casa che sembra non arrivare mai…beata la Piccola Viaggiatrice che, fusa dal fuso, come più o meno tutti gli altri, si addormenta già alle 5 di pomeriggio e viene portata in braccio dalla fermata della metro a casa (grazie fratellone), naturalmente per poi svegliarsi baldanzosa alle 4:30 del mattino.

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Caotica: sempre, a partire dalla subway, che perde il confronto con le più efficienti metropoli europee: treni che non arrivano, specialmente la Domenica,poche scale mobili, entrate che ti fanno prendere il treno in una sola direzione (“sir, you’re on the wrong side! “). Per continuare con strade e marciapiedi, sempre super affollati e con gente che attraversa col rosso sotto gli occhi dei poliziotti (è ben lontana la disciplina inglese…)… e poi cantieri, camion enormi e taxi a farla da padroni tra strombazzamenti e sirene polifoniche. Il tutto culmina a Time Square, ombelico della città e somma di tutti i caos possibili..eppure affascinante, con tutte le luci del consumismo a farci sembrare tutto allegro per una notte.

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Multiforme: dei contrasti te ne accorgi passando da Bed Stuy, il quartiere dove stava il nostro appartamento tipo torre in affitto, il più popoloso quartiere di afro americani della città, sporco, “sgarrupato”, ma con tanta vitalità (abbiamo comprato le uova all’orto di quartiere, che promuove una dieta più sana per i residenti) a Manhattan con le sue torri scintillanti di cristallo e cemento armato che attirando lo sguardo verso l’alto nascondono alla vista i poveracci che dormono per terra nei vicoli e i tanti che elemosinano qualche dollaro.

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È stata una settimana con alti e bassi, sia a causa del meteo (pioggia, nuvole, sole accecante, afa soffocante, temporali, tutto in 6 giorni) che per quello che avremmo voluto fare e non siamo riusciti a fare (MOMA, giro in bici a central park, gita a Coney Island rimarranno sogni nel cassetto ancora per un po’ ).

Tra i momenti più belli una splendida mattina alla statua della liberta (il giorno del compleanno di Viaggiatrice Curiosa, auguri piccola) e i parchi cittadini: non Central Park, troppo grande e famoso per essere apprezzato in poco tempo, ma le piccole oasi di tranquillità come il parco dietro la National Library con libri, giornali e tavoli da ping pong disponibili per tutti, o Washington Square con la jazz band, il signore dei piccioni e gli “acrobati” di colore con il loro show improvvisato.

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Ora bye bye New York, mentre scrivo siamo in volo per Buffalo con tre ore di ritardo e il comandante ha appena annunciato che partiamo senza bagagli ma che lui è sicuro al 99% che sono su un altro aereo partito per Buffalo 10 minuti prima di noi. Benedette percentuali!


Arrivati: Piccoli Brividi Al Controllo Passaporti

Dopo una preparazione bagagli un po’ macchinosa, visto che Papa’ Sognatore si e’ incaponito a fare solo 4 valigie grandi, sia per motivi di spazio futuro nei bagagliai delle auto a noleggio che per un piccolo risparmio sulla dozzina di check-in che doremo fare, il viaggio di andata e’ andata via bello liscio…Trenord non ha fatto scherzi e Alitalia ci ha fatti atterrare con 30 minuti di anticipo (peccato aver dovuto aspettare 20 minuti che si liberasse lo slot di parcheggio per l’aereo…)

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In volo, qualche film e qualche battaglia a Trivial ci hanno aiutati a far passare il tempo. E poi siamo arrivati al controllo passaporti, che e’ sempre un momento strano, ti senti in una terra di nessuno, fuori dal posto che e’ casa tua ma non ancora ammesso al paese in cui hai tanto sognato di arrivare…ma comunque noi siamo famigliole in vacanza, i documenti sono in regola e non abbiamo insetti o salumi nel nostro bagaglio, e quindi non abbiamo niente da temere…….o no?

Fatto sta che mentre noi passiamo senza problemi, visto che l’agente non fa domande, si prende le sue 40 impronte digitali e 4 foto (niente impronte e foto per la Piccola Viaggiatrice) e ci saluta con un sorriso, il poliziotto che si occupa dell’altra famiglia inizia a fare domande (tipo quanti siete, dove andate, quanto tempo state…”1 mese”….”ma tutto di vacanza?”) E dopo qualche minuto emette il verdetto: gli altri possono andare, ” the mom in the room”.

Che poi “the room” e’ la stanza degli interrogatori, tipo quella di Airport Security, per chi conosce il programma tv….iniziano quindi minuti di attesa che mano a mano si riempiono di pensieri strani e anche un po’ spiacevoli (tipo “ora ci rimandano tutti a casa perche’ abbiamo affitatto in nero l’appartamento di New York”), ma per fortuna alla fine Mamma Sognatrice viene risputata fuori dalla room, senza peraltro avere capito neanche tanto bene cosa volessero da lei quei simpatici poliziotti USA…

Il viaggio quindi riparte senza problemi, il van noleggiato per il transfer e’ fantastico e l’appartamento si rivela un bella sorpresa. E cosa di meglio del primo piatto di pasta “made in USA” per risollevare morale ed energia della truppa?

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Compagni Di Viaggio – 2015

A volte è bello sapere di non essere da soli.
A volte è bello sapere che c’è una famiglia come la nostra, che forse, se potesse, partirebbe domani e girerebbe per il mondo a tempo indeterminato.
A volte è bello sapere che c’è una Mamma Sognatrice che ha lo stesso spirito di avventura di Papà Sognatore e un Papà Paziente che la bilancia, come la nostra Mamma Paziente, e due adolescenti sereni, spesso sorridenti, a completare la famiglia.

Per qualche anno abbiamo fatto delle vacanze con questa famiglia, e sono sempre state vacanze piacevoli, rilassate…

Ora è arrivato il momento di un’avventura un po’ più “grande” e (forse) anche un po’ più stressante ma, mi auguro, anche molto appagante: benvenuti !

Domani si parte !


La Prima CinqueNelMondo GayPride Parade

Non lo sapevamo prima di partire per l’Olanda, ma quando siamo arrivati abbiamo scoperto che Sabato scorso ci sarebbe stata la Canal Parade 2014, la sfilata per i canali legata all’Amsterdam Gay Pride Week 2014.

Detto = Fatto, all’orario previsto ci siamo fiondati a prendere posto sulla riva di uno dei canali del percorso, e non é stata un’impresa da poco.

Adocchiato uno spazio con buona visuale abbiamo cominciato ad insinuarci piano piano, alla fine la disposizione era la seguente:

  • Viaggiatore Curioso a circa 3 metri di altezza, un piede sulla sbarra del parcheggio per biciclette e l’altro su un lampione, macchina fotografica pronta all’uso;
  • Viaggiatrice Curiosa a 2,3 metri di altezza, entrambi i piedi su un’altra sbarra del parcheggio per biciclette e telefono cellulare pronto all’uso;
  • Piccola Folletta (all’altezza di un paio di metri) e Mamma Paziente (altezza 1,7 metri, sorregge la Folletta) abbarbicate alla stessa sbarra di Viaggatrice Curiosa;
  • Papá Sognatore in piedi sul marciapiede, birra da 0,5 litri d’ordinanza pronta all’uso e postura leggermente ondeggiante al ritmo di musica house.

Da qui in poi é stata una passeggiata, l’atmosfera era coinvolgente e le barche (puntualissime) colorate, vivaci, con tanta musica giusta e zeppe di bella gente.

Ecco alcuni esempi:

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Carini i tipi con gli idranti a prua, vero ?

Ma il personaggio piu’ fotografato di tutta la sfilata e’ stato sicuramente questo:

Ha avuto qualche difficoltá a passare sotto i ponti, ma doveva essere proprio divertente !


Freno A Pedale: Evoluzione O Involuzione Del Genere Umano ?

Eccoci qua in quel di Amsterdam, impegnati in uno scambio casa con una famiglia olandese che in questo momento e’ ospite a casa nostra.

La tecnica dello scambio ci consente di vivere per un po’ come cittadini di Amsterdam, in particolare di IJburg, l’ultima estensione territoriale della cittá (peraltro molto contestata). E giá, perché qui ad Amsterdam fanno cosí, se gli manca un po’ di spazio per qualche casa buttano lí un’ isola artificiale e ci costruiscono sopra un bel quartiere residenziale per 45.000 persone, tutto preciso, con i negozi al posto giusto, piste ciclabili perfette, canali a destra e a manca, giochi per bambini ad ogni isolato, tutto perfetto e anche tutto un po’ ….artificioso, freddo…e come potrebbe essere altrimenti ?

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L’architettura poi segue delle linee abbastanza squadrate, a vederle da lontano un po’ monotone, ma per fortuna qua e la qualcuno si é sbizzarrito in forme e decorazioni originali e cosí l’ insieme risulta piacevole e a volte sorprendente, come nel caso di queste abitazioni decorate con pannelli di vetro rosso:

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In certe zone ci sono soluzioni abitative un po’ particolari…per esempio se siete tutti casa-lavoro-barca qui ci sono un paio di idee che fanno per voi:

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Oppure se piú semplicemente siete solo dei sostenitori del “Famolo Strano” qualcosa anche per voi si trova:

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Tutti poi, come spesso accade nei paesi del nord, tendono a vivere molto gli spazi aperti nel tempo libero e soprattutto nel fine settimana compaiono sedie e tavolini su terrazzi e marciapiedi, barbecue improvvisati e ragazzi che vanno in canoa o sguazzano nei canali. La bicicletta invece é un elemento permanente, ad ogni ora della settimana, e c’é da dire che quando si parla di piste ciclabili qui non hanno niente da imparare da nessuno, tutto é fatto a regola d’arte: le ciclabili sono ovunque (e non finiscono mai in un campo, contro una superstrada o al confine del comune, come succede in un paese di mia conoscenza), ad ogni incrocio ci sono indicazioni stradali specifiche per le biciclette, semafori appositi, chiare indicazioni su chi ha la precedenza o meno, anche tra diverse ciclabili che si incrociano, insomma…tutto perfetto !

Grazie alla cortesia della famiglia che ci ospita, anche noi Cinquenelmondo facciamo largo uso delle nostre 4 bici + seggiolino (niente rimorchio, peccato…), scorazzando in lungo ed in largo per Amsterdam e dintorni:

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Gli unici inconvenienti riguardo all’ uso intensivo della bicicletta sono, in ordine crescente, l’altezza da terra delle selle (e va be’ che gli olandesi sono il popolo piú alto al mondo, ma fateci toccare terra almeno quando ci fermiamo al semaforo !!), l’aggressivita’ del ciclista olandese medio (lui/lei ha da fare, se deve sorpassare sorpassa, non sta a guardare se dalla parte opposta arrivano due bici appaiate e un motorino, scampanella e passa, e non provare a fermarti a guardare la cartina per capirci qualcosa con tutte ‘ste ciclabili, lui scampanella, insulta e passa) ed infine il grande nemico, l’aggeggio infernale, lo strumento di tortura per il ciclista improvvisato: il freno a pedale ! (Beata la Viaggiatrice Curiosa, baciata dalla fortuna e dotata di una bici con due normali leve dei freni !)

Diciamo che, passato il primo monento di disorientamento per l’assenza delle familiari leve (freno anteriore e freno posteriore, come é sempre stato da quando avevi 5 anni), la novitá sembra anche carina: “uh, forte, si frena girando un poco indietro i pedali, comodo….e come si regola la forza della frenata ? Ah, se vai indietro poco frena piano, altrimenti da’ una bella inchiodata”…bene, fatta un po’ di pratica, pronti via …si parte !

Ma fatti alcuni chilometri iniziano ad emergere tutti i limiti di questo apparecchio poco ingegnoso:

  • Fermarsi e scendere dai pedali é piú facile a dirsi che a farsi, se stai frenando e molli i pedali per mettere i piedi a terra la bicicletta riparte…”e metti a terra un piede solo !”, qualcuno potrebbe suggerire, si, ma se il piede che devi mettere a terra é anche quello con cui stai frenando, che fai ? Sei obbligato a dare un’altra mezza pedalata per cambiare piede, ma nel frattempo sei arrivato troppo vicino al punto in cui ti volevi fermare (e se era un semaforo puó essere fastidioso, come minimo…)
  • Da fermo non hai la possibilitá di far fare ai pedali un mezzo giro per portarli in posizione di spinta (cosa che noi facciamo anche inconsciamente, ve ne siete mai accorti ?), e quindi ti trovi a dover fare delle partenze a “spinta di piedi”, molto divertenti, soprattutto in salita e per il povero Papá Sognatore che trasporta una zavorrina aggiuntiva di 20 chili sul seggiolino posteriore
  • In caso di frenata di emergenza, se i pedali non sono in buona posizione (per esempio verticali, uno in alto ed uno in basso) frenare decisamente non é facile, anzi é proprio difficile
  • Durante una bella discesa, mentre ti rilassi dopo tutta la fatica che hai fatto sulla salita precedente, non puoi far girare avanti e indietro i pedali e metterli come ti pare, visto che se li porti indietro la bici frena (e la fatica della salita precedente viene sprecata…)
  • Se vuoi fare una curva veloce non puoi girare i pedali per portare in alto quello interno, per evitare che tocchi terra, come si faceva da bambini, ma devi correre i tuoi rischi cosí come sei messo
  • Penso che potrei continuare per altri 6 o 7 punti, ma vi ho annoiati abbastanza e mi fermo qui, mi sembra che il punto sia chiaro.

Passiamo ai vantaggi di questa bella trovata ingegneristica:

Niente, eh ? L’unica, piccola cosa che mi sovviene é che si puó spostare liberamente la bici all’indietro anche con il cavalletto abbassato, visto che i pedali all’indietro non girano e non ci si vanno ad incastrare….ma francamente mi sembra un po’ poco per giustificare tutti i rischi all’incolumitá personale e i danni al benessere psico-fisico di cui sopra, per cui dichiaro con verdetto unanime che il freno a pedale é un’involuzione nella storia dell’umanitá, e che gli olandesi (e i nordici in generale) dovrebbero piú saggiamente adottare due bei freni a gommino. Punto.

 

 


Salina, Alicudi E Filicudi, Le Ultime Tre Sorelle

Salina è tranquilla, mooolto tranquilla, perfino per noi che non amiamo la vita mondana (ma neanche il nulla assoluto…). Un bel giro dell’isola in barca ci ha fatto apprezzare le sue belle coste, con almeno due punti degni di nota: punta Scario, quella a 5 minuti dal nostro appartamento, acque limpide e spiaggia di grossi sassi (meglio noleggiare un materassone gonfiabile, vale tutti i 3 euro che costa), e sicuramente la baia di Pollara, quella famosa per il film “Il postino”, con lo strapiombo da un lato ed i ricoveri dei pescatori dall’altro:

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Visto che le spiagge non sono il pezzo forte delle Eolie ci siamo concessi un’ altra gita in barca ad Alicudi e Filicudi, la prima ancora oggi isolata e restia ad aprirsi al turismo, niente auto, un unico ristorante ed ancora le barche dei pescatori ormeggiate invece degli ombrelloni per turisti:

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La seconda regala due scorci eccezionali: La Canna, uno scoglio solitario alto 70 metri, e la grotta del bue marino (peccato non avere avuto una barca più piccola per entrarci fino in fondo).

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Abbandonato per un giorno il mare, Mamma Paziente e Papa Sognatore si sono lanciati in un trekking sul Monte Felci, il monte più alto delle Eolie (arriva a sfiorare i 1000 metri): bel sentiero a salire, faticoso ma premiato da una bella vista dalla cima:

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Un po’ meno piacevole il sentiero a scendere sull’ altro versante, ma come al solito una granita a premiare gli sforzi dei due meno pigri tra i Cinquenelmondo.

Ma ormai è quasi ora di lasciare Salina e la sua ospitalità, e i pensieri già tornano a quello che ci attende a casa, lavoro, centro estivo, le solite cose…almeno fino alla prossima avventura!